domenica 1 luglio 2012

"ITALO E ALADINO" di Giuseppe Mocci

Recentemente ho fatto visita a un amico, reduce da una lunga degenza ospedaliera a causa delle gravi ferite riportate in un incidente stradale. L’amico, di nome Italo, ormai risanato, mi ha raccontato la dinamica dell’incidente e poi di uno strano sogno fatto quando era ancora in coma.
In pratica Italo, in questo suo sogno, si considerava già morto.  All’ingresso del Paradiso, si trovò davanti a San Pietro (come da immaginario collettivo dei cristiani praticanti, per fede o per tradizione), il quale, bonariamente, lo fermò e gli chiese le generalità. Italo, fiducioso, gli disse nome, cognome e data di nascita. San Pietro, controllato il suo registro, gli rispose: “Senta…qui ci sono Italo Balbo, Italo Svevo e Italo Sardo, ma il suo nome non figura. Vada ai piani sottostanti!


Italo, a questo punto, pensando di dover scendere in Purgatorio o nell’Inferno, iniziò a preoccuparsi non  poco, quando sentì scorrere dolcemente una mano sul suo viso e si svegliò di colpo, dal sogno e dal coma. Era la mano della sua compagna, che fiduciosa lo accarezzava amorevolmente.
Dopo aver ascoltato questo racconto, lo rassicurai: “Non è arrivato il tuo momento, caro Italo, goditi in pace e amore quanto ti manca”, gli dissi, e gli raccontai due storielle sulla Morte, citando prima il famoso poeta latino, Virgilio, che in merito alla Morte scrisse: “Stat sua cuique dies”, cioè a ognuno di noi è stato fissato dal Destino il suo giorno, un momento inesorabile in cui ognuno di noi deve morire, a prescindere dalle credenze religiose per fede o per tradizione dei cristiani, dei musulmani e delle altre numerose religioni.
La seconda storiella, riportata da un famoso scrittore italiano ora scomparso, riguarda un indiano di nome Aladino, che un giorno, mentre si trovava al mercato, si sentì braccato dalla Morte apparsagli nelle sembianze di una vecchia, alta, magra e brutta, con in mano un’enorme falce. L’indiano, terrorizzato dall’incontro, rientrò a casa e progettò subito di scappare dalla sua città.
Egli non possedeva nessun mezzo di trasporto, quali automobile, motocicletta, cavallo o altra bestia, e naturalmente non poteva prendere alcun altro mezzo pubblico (treno o pullman); doveva scappare segretamente, nessuno doveva saperlo.
Allora si recò da un suo amico, uomo ricco, potente autorità della città, al quale raccontò l’incontro con la Morte che lo voleva ghermire. Il nostro eroe, subito dopo, chiese all’amico: “Ho bisogno del tuo aiuto, mi devi prestare uno dei tuoi veloci cavalli, perché voglio andarmene lontano da qui, almeno a mille chilometri. Voglio andare a Samarcanda!”.
L’autorevole e ricco amico gli fece dare un giovane e velocissimo puledro, augurandoli lunga vita. Il giorno dopo, il medesimo amico, incuriosito dal racconto del povero Aladino, già partito per Samarcanda, si recò al mercato e incontrò la famosa Signora con la falce; la fece fermare da due suoi sgherri e le disse: “Come ti sei permessa di importunare il mio amico Aladino ?”.
La vecchia Signora rispose: “Io non ho importunato nessuno, solo ho guardato con grande meraviglia il tuo amico perché era ancora qui, considerato che l’appuntamento con lui è fissato per domani a Samarcanda, a mille chilometri di distanza.”.

Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati
Editing G.Linzas

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