giovedì 13 settembre 2012

RICORDI DI VIAGGIO: SVIZZERA E FRANCIA - di Giuseppe Mocci

Diceva un grande scrittore italiano del ‘700, Vittorio Alfieri: “Viaggiando si impara"; cioè errando di qua e di là (errare = andare) arricchisci la tua cultura. L’Alfieri, ricco e nobile, viaggiava molto con la sua grande e comoda carrozza, paragonabile a un odierno camper.

LA SVIZZERA E LA FRANCIA

Nel 1967, a trentasette anni, feci il primo viaggio all’estero: Svizzera e Francia. Nel mese di Agosto mi trovavo in Valle D’Aosta con la famiglia, in villeggiatura. Dopo una settimana dal nostro arrivo, venne la pioggia e con essa il freddo.
Allora avevo due figli; uno di nove anni e il secondo di quattro. Non potendo più fare le nostre quotidiane passeggiate nelle varie e bellissime valli, proposi ai miei di andare in Svizzera; la proposta fu accettata. Partimmo il giorno dopo con la mia Alfa Giulia e attraversammo le Alpi in breve tempo.
Diretti a Ginevra, su proposta di Roberto che desiderava comprare cioccolato, di cui era avidissimo, ci fermammo lungo la strada davanti ad un negozio. Ricordo che in questo negozio erano arrivati prima di noi alcuni turisti tedeschi, ai quali il negoziante offrì, in omaggio, alcune bustine di dolcetti vari. Arrivato il nostro turno, chiesi, naturalmente in italiano, alcuni tipi di cioccolato. Pagato il conto, proseguimmo il viaggio. Mio figlio Roberto ci fece subito notare che il negoziante svizzero aveva dato un omaggio ai tedeschi, mentre a noi augurò soltanto il buon viaggio. Cercai, allora, di spiegargli che gli svizzeri non amavano gli italiani; per loro, noi italiani eravamo tutti dei pezzenti. Questo errato concetto di molti svizzeri era dovuto, allora, al fatto che molti nostri connazionali facevano i lavori più umili in questo paese. Dimostrai, subito dopo, a mio figlio, quanto da me asserito. Ci fermammo nuovamente lungo stessa strada, davanti ad un altro negozio, e raccomandai ai miei di non parlare in italiano. Entrato, chiesi in inglese di acquistare dei dolci; mi furono subito serviti, e con un ricco omaggio di dolcetti vari. I miei, tutti, si misero a ridere.

Ginevra - Svizzera

Rimanemmo in Svizzera tre giorni; visitammo Ginevra e Losanna. Tutto bello e interessante; ma gli svizzeri!
Rientrando in Italia, ci fermò la polizia svizzera, che operò nei nostri confronti da autentici razzisti. Ricordo alcune domande che ci furono rivolte in maniera pesantemente aggressiva e arrogante: “Da dove venite? Tu dove lavori? Dove andate? Avete comprato sigarette? Alcolici?”. Le mie risposte: “Siamo qui come turisti; ora stiamo rientrando in Italia. Io lavoro nel mio paese. Non abbiamo comprato sigarette perché non fumo io, né mia moglie. Non abbiamo comprato alcolici perché noi beviamo solo vino italiano”. Questi razzisti, perché tali furono, mi controllarono l’autovettura in tutte le sue parti e in modi sgarbatissimi. Il controllo della polizia si prolungò per oltre un’ora.
Raccontai, poi, questa brutta avventura a un mio caro amico cagliaritano, il quale sbottò in una lunga e sonora risata. Seguirono le sue scuse, dopo di che mi disse: “Giuseppe, sono perfettamente d’accordo con te! L’anno scorso sono stato anch’io in Svizzera, e anch’io sono stato fermato dalla polizia stradale, perché avevo dovuto usare la tromba per evitare un probabile incidente con un’altra auto. Mai l’avessi fatto! Questi pezzenti mi volevano arrestare, mi hanno trattenuto in caserma per alcune ore. Dalla lettura del mio passaporto avevano potuto rilevare i miei dati anagrafici e la residenza. Mi chiesero quale professione esercitassi. Io feci loro vedere il tesserino di professore di Fisica. Allora continuarono, peggiorando le loro ingiurie verso noi italiani.”.

Rientrati in Valle D’Aosta, trovammo il tempo peggiore di prima; pioggia e nevischio. Dopo una breve discussione in famiglia, decidemmo di andare in Francia, destinazione Parigi. Attraversate le Alpi al solito tunnel, ci dirigemmo verso la Francia, ma passando in strade diverse da quelle percorse per il viaggio in Svizzera.
Arrivammo intorno alle tredici a Digione, dove pranzammo. Qui facemmo le prime conoscenze con i francesi, che si comportarono nei nostri confronti molto gentilmente, indicandoci sulla carta stradale la via più facile per arrivare a Parigi.
Qui giunti, al tramonto, dopo un giro infinito, con l’aiuto dei gendarmi francesi, ci sistemammo in un albergo in Viale Saint Michel. Questi gendarmi mi avrebbero potuto multare per le mie varie inosservanze del Codice della strada, invece si limitarono a qualche gentile richiamo, considerandomi gradito ospite turista italiano.

Parigi - Tour Eiffel

Era il periodo di ferragosto e noi ci trattenemmo a Parigi una settimana intera. Nel complesso la gita andò benissimo; visitammo le cose più belle e interessanti di questa bellissima città: il Museo del Louvre; i Giardini delle Tuileries, la Cattedrale Notre-Dame, Place de la Concorde, Place de l’Etoile con l’Arco di Trionfo, la Torre Eiffel, Montmartre, ecc.
Facemmo anche una gita in barca, di notte, sulla Senna; di questa bellissima gita ricordo di aver punito mio figlio Massimo, che, a ogni piè sospinto, chiedeva latte per il suo biberon con ciuccio. Era per me una seccatura, perché dovevo spesso cercare un Bar per fare rifornimento di latte. Successe, poi, che mentre passavamo sotto il ponte di San Giorgio strappai dalla bocca la bottiglietta col ciuccio del bambino (aveva già quattro anni) e la lanciai sulla Senna. Da quella volta Massimo non ha più bevuto latte!
Negli anni seguenti io, da solo o con la famiglia, sono tornato in Francia altre cinque volte, e sempre mi sono trovato benissimo, sotto tutti gli aspetti.

Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati
Editing G.Linzas

Nessun commento:

Posta un commento