Tanto tempo fa, il primo maggio di ogni anno, gruppi di
ragazzi invadevano le vie di Riola, portando con sé un cestello di vimini,
dentro il quale era stato sistemato un fantoccio di “coragantzu” (it.
ingrassabue o fiordoro), vestito con un panno colorato. Il fantoccio veniva chiamato “Maimoa” (1).
I ragazzi bussavano alle porte delle case. A chi apriva dicevano: “s’ora de sa maimoa”; allora venivano loro offerti dei
dolci, fichi e uva passa.
Terminato il giro
del paese, si recavano al fiume, a quei tempi chiamato “S’Indorau”, e qui buttavano
il fantoccio, recitando una preghiera di origine antichissima:
“Maimõi, Maimõi,
bett’abba a su liõi,
bett’abba a s’Indorau,
Maimõi laudau”. (2)
“Liõi” era una storpiatura della parola “lori” (cereali).
Il rito, che si ripeteva annualmente, serviva per
ingraziarsi una divinità della pioggia: Maimone.
Il nome del fiume “Indorau” fa della invocazione una
particolarità riolese.
Anche in molti altri paesi della Sardegna, ma solo nelle annate
siccitose, si svolgeva questo rito. La preghiera li univa:
“Maimone, Maimone
abba cheret su laore
abba cheret su siccau
Maimone laudau”.
Sulla etimologia del nome “Maimone” (riolese "Maimoa") sono
state avanzate diverse ipotesi. Quasi tutte lo fanno derivare dalla radice della parola semitica “maim” (acqua).
Nell’alfabeto ebraico, la lettera “m” [מ] si
chiama “mem” (acqua).
Note:
1) "Maimoa" è anche il nome della coccinella in riolese.
2) La preghiera è riportata nella tesi di laurea di Bianca Maria Mocci: "Letteratura religiosa e magico-religiosa a Riola Sardo"
Note:
1) "Maimoa" è anche il nome della coccinella in riolese.
2) La preghiera è riportata nella tesi di laurea di Bianca Maria Mocci: "Letteratura religiosa e magico-religiosa a Riola Sardo"
A cura di Benedetto Sulas
Complimenti, queste sono le storie che preferisco.
RispondiEliminaGrazie
RispondiEliminaQuel rito antichissimo l'ho fatto tante volte!
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