venerdì 12 agosto 2011

Poesie inedite di Efisio Zoncu

Onde Marine

Onde che la mia nave ognor lambite
ed in tenero amplesso la stringete,
voi tutto di mia vita conoscete:
l’ansie, gli affetti, le gioie infinite,
i segreti più cari e le speranze,
e d’amore le dolci rimembranze.

Sorridetemi ancor onde azzurrine,
della mia gioventù fide compagne,
consolatemi il cuor che sempre piagne
onde del mare erranti e peregrine;
sol voi la pace mi potete dare,
all’anima la speme ridonare.

Col vostro mormorìo lento ed arcano
sussurratemi ancor le cose belle;
la leggenda del mare e delle stelle,
del grande, interminabile oceano,
e l’eco riportatemi del cuore
che lontano si strugge nell’amore.

Ricordatemi sempre e dei miei cari,
del remoto mio paese abbandonato
portatemi le nuove, e del passato
della mia fanciullezza, qui sui mari
ritrecciatemi i sogni e le carezze,
i baci rinnovatemi e l’ebbrezze.

Su voi trasvoli e lungi si propaghi
l’angoscia del mio cuor triste ed affranto
e dell’anima mia l’eterno pianto;
i miei sospiri, i miei desir non paghi.
Fate che in ogni terra e in ogni lido
Risuoni ovunque il disperato grido.

E cullatemi ancor con pia dolcezza
al placido chiaror plenilunare,
fate che il pianto , le lacrime amare
il viso non mi velin di tristezza.
Risorgetemi care a nuova aurora
e stringetemi forte, ancora, ancora.

D’ogni bene voi siate apportatrici,
delle cose più sante e più divine,
o delle immense azzurrità marine
solinghe e misteriose abitatrici.
A voi speranze, amor, tutto confido
la vita e l’avvenire ognor v’affido.

Proteggetemi sempre onde azzurrine
onde del mare erranti e peregrine.


Pozzuoli – Maggio 1915




L’idrovolante

Da una forza invisibil animato
l’ampio specchio del mar solca veloce,
e in un volo di veli equilibrato,
- quale dardo terribile e feroce –

nell’azzurro del ciel si lancia ardito
tra le nubi scompare in un baleno,
svela audace i mister dell’infinito
e rombando ritorna nel sereno.

Varca mondi lontani, inesplorati,
pei regni dell’ignoto si protende
senza tregua e confini limitati.

Mille vortici orrendi e spaventosi
nello spazio descrive e ridiscende
all’amplesso dei flutti silenziosi.

Marzo 1914




I Profughi Serbi (1)

Li vidi in un meriggio tenebroso
in terra d’Albania,
sfilare nel sentiero polveroso,
lasciando dietro a lor la bianca scia
di nubi fluttuanti;
li vidi barcollanti
proceder come spettri, e tristi e stanchi,
sparuti e macilenti
con gli occhi senza sguardo ed incavati;
non far gride e lamenti,
reggersi a stento i fianchi
da ferite e dal morbo martoriati;
quell’ombre di soldati
vidi sparire in lunga carovana
orrendamente strana.

Eran biechi fantasmi,
eran nudi carcàmi
e maciullati e ròsi dagli spasimi;
anime derelitte e moribonde
perseguitate dai nemici infami;
esseri imbestialiti ed affamati
visi trasfigurati,
smunti e solcati da rughe profonde;
bocche contratte dal dolore atroce
e quasi senza voce.
Un’orda spaventosa d’esiliati:
giovani combattenti,
eroi di guerra,
ancor d’odio frementi
che bagnaron di sangue la lor terra.

Donne, vecchi e bambini infagottati,
e giovinette spose
pallide e cenciose:
un’irruenta marèa
di popolo in sua tragica odissèa.

E dopo giorni sì penosi e amari
li ritrovai nel porto
di Valòna, scrutando il mar diafano
che invocarono invano
per la salvezza, intere settimane.
Alle navi italiane
la scarna man tendendo,
e pane, e pan chiedendo
ai nostri marinari
accorsi apposta per dar lor conforto.
Molti ai primi soccorsi
soccombettero esangui ed altri il mondo
salutaron con un sospir profondo.
Alle prime dentate, ai primi sorsi
perirono taluni e il grave carco
qualcun del corpo esausto
concesse in olocausto
alla Patria lontan… proprio all’imbarco.

Ovunque lor passarono le orme
lasciarono dell’esodo
con roghi di cadaveri stecchiti
sparsi qua e là per gli erti
sentieri aspri e deserti.
Fedelmente seguiti
dai lor ronzini (nel martirio uniti)
e da branchi di cani ringhianti;
da fameliche torme
di corvi gracchianti
pei valichi assaliti
fino all’estremo approdo.

E i nostri marinari generosi
- per tanto onore quasi giubilanti –
d’amor fraterno e da pietà sospinti
accolser della Serbia i doloranti
profughi figli, indomiti, non vinti,
tenaci e valorosi.
L’Italico sorriso e il sole ardente
risorse a nuova vita e a nuova gloria
il popolo oggi ancor vivo e possente
immortalato da sublime istoria.

R.N. Andrea Doria - 1916


NOTE: 


(1)  La poesia “Profughi Serbi” racconta, in versi, un episodio poco noto della prima Guerra Mondiale: il salvataggio dell’esercito serbo da parte della Marina Italiana (di cui Efisio Zoncu faceva parte). 
In sostanza, si trattava di salvare i profughi e l’esercito serbo ripiegati verso la costa albanese.
All’epoca sulla costa non c’erano porti, solo rade naturali, e i fondali bassi impedivano l’utilizzo di grossi piroscafi. Si provvide fin dalla fine del 1915 a soccorre i serbi con trasporto di viveri con naviglio leggero. 
Le carovane di trasporto a terra venivano però attaccate da bande armate austriache, per cui fu necessario inviare un corpo d’occupazione italiano oltremare. Fu costituita una base navale a Valona. A Durazzo si costituì una base provvisoria, attraverso cui vennero trasportati l’esercito serbo, i profughi, e anche i prigionieri austriaci.  Si agì in collaborazione con Inghilterra e Francia.
Dal 12 dicembre 1915 al 22 febbraio 1916 furono trasportati dalla costa albanese a Corfù 130.841 uomini di fanteria;  4.100 a Biserta; più 11.651 profughi e malati. 
Furono compiuti 87 viaggi da San Giovanni di Medua a Durazzo e Valona, con una flotta di 6 grandi piroscafi passeggeri italiani e 2 incrociatori francesi, 6 grandi navi ospedale, di cui 3 italiane; 2 piccole navi ospedale italiane; 34 piroscafi medi e piccoli, di cui 15 italiani.
Dal 16 dicembre 1915 al 12 febbraio 1916 da Valona all’Asinara vennero portati 22.928 prigionieri austriaci, con 15 viaggi di 13 piroscafi (11 italiani). 
I piroscafi Re Vittorio e Cordova ebbero 300 morti ciascuno per epidemia di colera (l’epidemia continuò poi drammaticamente sull’isola dell’Asinara: su 25.000 POW - prigionieri di guerra - concentrati lì in “osservazione sanitaria” ne morirono 6000).
Dal 1 marzo 1916 al 5 aprile 1916 fu trasportata da Valona a Corfù la cavalleria serba: 13.068 uomini e 10.133 cavalli, in 17 viaggi di 6 grandi piroscafi di cui 3 italiani.
L’Austria, contando sulla vicina base di Cattaro, esercitava sorveglianza aerea e tentò spesso l’azione con squadriglie di cacciatorpediniere appoggiate da esploratori e incrociatori, abbandonò mine alla corrente, portò 13 attacchi di sommergibili. 
Oltre che porre in salvo l'esercito inseguito, per tre vie, dal nemico, le navi italiane hanno trasportato in Italia anche tutte le migliaia di prigionieri austriaci fatti dai serbi. 
( notizie storiche tratte dal sito www.betasom.it)



Si ringrazia Giuseppe Mocci per la preziosa collaborazione.
Tutti i diritti riservati

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