mercoledì 8 febbraio 2012

Personaggi: "Il Vice Parroco" - di Giuseppe Mocci

GIOVANNI ANTONIO SECHI (1869/1946), noto PREI SECHI, riolese doc, esercitò nella vita tre mestieri: prete (Vice parroco), insegnante elementare e agricoltore.
Prei Sèchi, in tutti i tre mestieri, è stato bravo, capace e incisivo. Quanti l’hanno frequentato, e in modo particolare i suoi ex alunni, lo ricordano ancora con affetto e gratitudine. Il suo carattere, un po’ bizzoso ma sincero, gli creò molti problemi con la gerarchia curiale e con i parroci dei quali è stato il Vice.  Egli, forte e risoluto, agì sempre con severità, ma con schiettezza. 

foto d'epoca: l'abitazione di Prei Sèchi, in via Trieste

IL PRETE

Prei Sèchi venne ordinato Sacerdote nel 1898; due anni dopo ottenne l’incarico di Vice parroco a Riola. Dopo un anno fu trasferito a Milis, ancora come Vice parroco. Allora l’Italia era una “Gran Pretagna”, come dicevano gli anticlericali; in ogni parrocchia, anche nella più piccola, c’erano almeno due preti. 
Nel 1908 Prei Sèchi rientrò nuovamente a Riola da Milis, sempre come Vice parroco. Nel frattempo, però, conseguì la Patente di Maestro elementare (la Patente diventerà poi Diploma di Scuola Media superiore, abilitante all’insegnamento nelle Scuole elementari fino a pochi anni fa)
Il nostro Vice parroco fu nominato Maestro presso le scuole elementari di Riola e messo fuori servizio ecclesiastico, anche per i dissidi e le denunce reciproche con il Parroco Don Salvatore Caria.
Nel 1923 egli venne nominato ancora Vice parroco di Don Raimondo Scalas, nuovo titolare della Parrocchia di Riola. I due Preti si accordarono in merito ai servizi da offrire ai fedeli. A Prei Sèchi fu permessa, solo e soltanto, la celebrazione della prima messa mattutina (sa missa bassa).
I fedeli, volenti o nolenti, vennero praticamente divisi in due gruppi. Tutti i giorni, Prei Sechi, prima ancora dell’alba, era già in chiesa a confessare i suoi fedeli, poi celebrava la messa bassa, alla fine della quale procedeva con la comunione. La messa allora veniva officiata in sardo. 
Spesso, andava a questa messa anche qualche fedele dell’altro gruppo e con questi, il nostro Vice parroco, usava un atteggiamento un po' ostile. Al riguardo, si diceva che, qualche volta, li rimproverava con parole per niente gentili, specialmente durante la comunione, come:
Aberidda bẽi sa ‘ucca, ca no seu ghettenchidinchi mancu medr’e ua!”. 
L’incarico di Vice parroco, così limitato, gli stava troppo stretto, essendo egli un uomo molto attivo e dinamico. Purtroppo fece il Vice per tutta la vita; egli morì nel 1946. La sua tomba venne eretta ad un lato della cappella. 
Nel 1948 morì anche Don Scalas e anche la sua tomba venne eretta davanti alla cappella e sul lato opposto a quella di Prei Sèchi. Strano ma vero, dopo qualche anno le due tombe s’inclinarono verso il centro della medesima cappella.
Ricordo che quando si andava in cimitero, vedendo le due tombe così inclinate, molti dicevano: Alla... funti brighendi innoga puru!” 



foto d'epoca: Prei Sèchi insegnante, classe anni '20


SU MAISTU DE ISCOLLA

Fin dal 1908 Prei Sèchi ha insegnato nelle Scuole elementari di Riola e fino al 1945. 
Egli ha insegnato a scrivere e far di conto, come si diceva allora, a diverse generazioni di riolesi. Tutti i suoi ex alunni lo ricordano con stima ed affetto, nonostante i suoi metodi severi e rudi.
Ricordo che, quando frequentavo le elementari, dal 1936 al 1941, la sua aula era attigua alla mia; non si sentiva rumore alcuno. I suoi alunni erano sempre disciplinatissimi, bastava uno sguardo un po’ serio per rimettere in ordine tutto e tutti; aveva sempre in mano una lunga bacchetta di gomma rigida ma la usava molto di rado, non usava mai le mani.
Noi scolari avevamo tutti un timore reverenziale nei confronti di quest’uomo tanto severo, ma tanto capace. Ricordo anche che il medesimo era tenuto in grande considerazione da parte dei suoi superiori, che lo tennero in servizio fino all’età di 76 anni. 
A quei tempi, a Riola e in tutti i piccoli paesi della Sardegna, si parlava in sardo, a scuola come a casa. L’insegnamento della lingua italiana era, quindi, la materia più difficile; per noi sardi era una seconda lingua.
Prete Sechi era preparato pedagogicamente e lavorava molto per i suoi alunni, non trascurava nessuno, neanche il meno dotato. Erano famose le sue lezioni di italiano, o meglio le sue traduzioni dal sardo in italiano. Ricordo al riguardo una lezione, raccontatami da un amico, alunno di Prei Sèchi.
Il Maestro, un giorno, spiegava ai suoi alunni che alcune parole avevano la stessa pronuncia iniziale ma diversa scrittura, come cuore, cucina, quadro, quaderno e così via; alla fine faceva copiare dalla lavagna tutte le parole che iniziavano con la stessa pronuncia, “cu” e “qu”. 
Dopo la spiegazione nelle due lingue egli chiamò alla lavagna il più bravo della classe e il meno bravo. Con il primo tutto andò bene, ma quando si recò alla lavagna il secondo, questi sbagliò tutto. La parola “cuore” la scrisse con la “q” e la parola “quaderno” la scrisse invece con la “c”.
Prete Sechi, infuriato, ripeté la lezione e alla fine invitò il medesimo alunno, che prima aveva sbagliato tutto, a scrivere sulla lavagna le parole "cuore", "cucina", "cucire", "quaderno", "quadro". 
L’alunno scoppiò in un pianto compassionevole e non scrisse nulla. Allora il maestro gli chiese:
Nara, mamma tua itta pòttada asutta de sa ‘unnedda?
L’alunno gli rispose pronto:
Ũ antra ‘unnedda!
Altra domanda del maestro:
Ma asutta de s’atra ‘unnedda, itta pòttada mamma tua?
L’alunno rispose:
Sa camisa!
Prei Sèchi, con tono alterato, fece l’ultima domanda:
Nara, petz‘e tontu, e asutta de sa camisa itta pòttada mamma tua?
L’alunno ammutolì e dopo un po’, piagnucolando, rispose:
No ddu 'ssiu…
A questo punto il maestro, spazientito, urlando disse:
Mamma tua, commente tottu i femmiasa, asutta de sa camisa pòttada su cuu, cuu, cuu… 
'Scriiddu in sa lavagna me italiãu: culo!
E giù una bacchettata sulle spalle del povero alunno. 

AGRICOLTORE 

Prete Sechi possedeva una vigna che confinava col Cimitero; essa era stretta ma lunga e arrivava fino alla palude de “Bass’e Crésia”.
Nella parte paludosa il nostro Vice parroco estirpò le viti e si fece un piccolo orto. Lungo i filari delle viti egli mise a dimora anche alcune piante da frutta. La maggior parte dei lavori erano eseguiti dal medesimo Vice parroco, al quale non mancava mai la frutta e gli ortaggi vari. Naturalmente egli faceva tutto per uso familiare, ma la vigna e l’orto erano per lui uno sfogo, non potendo svolgere altri compiti in chiesa in favore dei compaesani. 
La mattina, dopo aver celebrato la messa bassa, andava sempre a scuola, puntualissimo, e svolgeva regolarmente il programma scolastico con ottimi risultati. Il pomeriggio, fino al tramonto, svolgeva la sua attività agricola.
Si narra che una volta sia entrato nel suo orticello qualcuno, di notte, a pascolare il suo cavallo. Accortosi della violazione del suo podere dalle impronte del cavallo, la notte seguente Prete Sechi montò di guardia alla vigna.
Armato di un lungo bastone, egli si sdraiò sotto una pianta. Dopo la mezzanotte arrivò un giovanotto tenendo per mano il suo cavallo. Aperto il cancelletto, egli entrò nella vigna e, giunto in prossimità della pianta dove era sdraiato il Vice parroco si fermò, liberò il cavallo e si abbassò i pantaloni per andare di corpo.
Il mal capitato non vide nessuno sotto l’albero, ma come s’inchinò sentì un urlo rabbioso, seguito da una poderosa spinta. Atterrito il giovanotto scappò, urlando:
Mamma mia… custa è ũ ànima de su prugadóriu?
Prei Sèchi, allora, gli lanciò addosso il bastone e gli urlò:
Custa, petz’e tontu,  esti ànima caghendi! 
T’appu cannotu Franziscu…
Càstia, no tòrristi prusu a innoga, chi no deu ti 'nchi mandu a s’inferru! 
Il giorno dopo il nostro Maestro raccontò l’accaduto ai colleghi e ai suoi alunni, senza fare il nome del malcapitato giovanotto. Da allora la vigna di Prete Sechi non venne più violata.

Testo di Giuseppe Mocci

Editing G. Linzas 
Revisione  riolese B. Sulas.

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