venerdì 18 novembre 2011

STORIA DELLA SARDEGNA - TENTATIVO DI OCCUPAZIONE FRANCESE E AGITAZIONI ANTIFEUDALI




TENTATIVO FRANCESE DI OCCUPAZIONE DELLA SARDEGNA 1792-93 
IL MIRACOLO DI SANT'EFISIO 

Alla fine del 1792 i Francesi iniziarono i preparativi di occupazione della Sardegna; occuparono per prima le isole di San Pietro e Sant’Antioco, come base per le successive operazioni.
Nel mese di Febbraio del 1793, la squadra navale francese entrò nel golfo di Cagliari per intimare la resa. “E poiché il vicerè non volle neppure accogliere gli stessi parlamentari e un messaggio dell'ammiraglio, le navi aprirono il fuoco sulla città”. Dopo un inefficace lungo bombardamento, le truppe francesi sbarcarono nel litorale fra Calamosca e Quartu. Nel frattempo scoppiò un improvviso temporale, “un violentissimo maestrale che imperversò quasi ininterrottamente durante tutto il corso delle operazioni” e che impedì l'appoggio della squadra navale; per cui, dopo “modeste azioni, da una parte e dall'altra”, l'operazione di occupazione fallì e le truppe francesi dovettero reimbarcarsi.

la difesa di Cagliari nel 1793 - opera di Quinto Cenni (tratto dal sito www.cmsc.it)

Per i cagliaritani, la città venne salvata dal loro Santo protettore: Sant’Efisio.
I francesi tentarono di occupare anche l’isola di La Maddalena, ma anche qui vennero sconfitti dall’eroico Domenico Millelire, comandante di una lancia cannoniera. A questo tentativo di occupazione partecipò anche il futuro imperatore dei francesi, Napoleone, quando era giovane capitano.
“La notizia della vittoria dei sardi contro i nemici del trono e dell’altare venne accolta con viva soddisfazione da tutta l’Europa conservatrice, ancora commossa dalla notizia della condanna a morte e dell’esecuzione di Luigi XVI”.


LE IDEE FRANCESI E LE AGITAZIONI ANTIFEUDALI 

Le idee francesi (i principi della rivoluzione) ebbero una scarsissima penetrazione in Sardegna, isola sperduta al centro del Mediterraneo e popolata al novanta per cento da analfabeti, contrariamente a quello che era avvenuto nella penisola.
Anche se tra le masse popolari la propaganda a favore della Francia era sostenuta da notizie spesso vaghe e imprecise, venne accolta favorevolmente e con un certo entusiasmo la notizia dell’abolizione dei diritti feudali. Infatti, per l’abolizione dei diritti feudali si verificarono manifestazioni in alcuni comuni del Sassarese nel 1793, ma già nel 1789 si erano verificate le prime manifestazioni a Thiesi, Solanas e Donigala.
L’occasione per far esplodere in tutta l’Isola il malcontento contro la Monarchia assoluta dei Savoia e per l’abolizione anche nell’isola del feudalesimo si verificò clamorosamente dopo la vittoria contro i francesi.
Successe che il viceré Balbiano, lodando tutti quelli che avevano contribuito a sconfiggere i francesi, “inviò a Torino un elenco di nomi, con le attestazioni dei meriti e le proposte di promozioni e ricompense”. Nell’elenco erano compresi anche alcuni sardi, come il marchese di Neoneli e Gerolomo Pitzolo “uomo intraprendente, fervido e ardito, il cui piano di difesa ch’egli ha formato… può chiamarsi la chiave di questa capitale (Cagliari), farebbe onore ad un generale”. Queste le motivazioni del viceré in favore del sardo Pitzolo. Torino invece concesse promozioni, decorazioni e aumenti di stipendio “a tutti gli ufficiali piemontesi e perfino ai sergenti” che avevano partecipato alla guerra e ad altri “che non erano stati proposti dal vicerè… ma nessuno dei Sardi che contribuirono alla vittoria ebbe ricompense, neppure il Pitzolo… Premiare i piemontesi significava attribuire loro la vittoria, e incominciare in tal modo a svalutare il contributo dei Sardi, che continuerà ancora in seguito”.
Questo ingiusto, ingrato ed offensivo provvedimento del re provocò la richiesta agli Stamenti, da parte “degli esponenti del clero, della nobiltà e delle città di Cagliari, Iglesias, Oristano, Bosa, Alghero, Sassari e Castelsardo” - le famose città regie - di chiedere, formalmente, tra cinque precise domande, “l’assegnazione ai sudditi sardi di tutte le cariche civili e militari dell’isola, esclusa quella di viceré e l’osservanza delle leggi fondamentali del Regnum Sardiniae”.
Le cinque domande “erano nella sostanza la rivendicazione dell’autonomia statuale del Regnum Sardiniae, che aveva nelle leggi fondamentali, delle quali si sollecitava il rispetto, la sua Costituzione; ciò significava da parte degli Stamenti prendere posizione contro il regime assoluto instaurato dal Piemonte, come del resto dalla Spagna”.
Per illustrare al re il significato delle cinque domande venne inviata a Torino una commissione, composta da componenti i tre Bracci degli Stamenti.
 “All’accoglimento sollecito ed integrale delle cinque domande” si oppose il ministro Graneri, “influenzato dal viceré Balbiano e dai feudatari”. In quella occasione “Girolomo Pitzolo scrisse una lettera ad un amico cagliaritano che nulla si sarebbe ottenuto finché i piemontesi fossero rimasti in Sardegna.” .

Testo a cura di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati

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