giovedì 23 febbraio 2012

Ricordi d'infanzia: "La Riolese fine anni ’70"

Il calcio a Riola, come in quasi tutti paesi della Sardegna, fino alla metà degli anni '80  era vissuto con grande passione e partecipazione.
La "Riolese", in quegli anni, era seguita da tanti tifosi. La domenica al campo sportivo era sempre una gran festa.  
Ricordo in modo particolare la squadra che nella seconda metà degli anni ’70 vinse il campionato di terza categoria ottenendo la promozione nella categoria superiore (la seconda categoria). Una formazione composta prevalentemente da calciatori riolesi, alcuni dei quali molto giovani e bravi. 
Avevo otto-nove anni e frequentavo le scuole elementari. Il calcio, come per la maggior parte dei miei coetanei, era lo sport preferito. Passavamo interi pomeriggi a giocare a pallone nel campetto vicino casa oppure per strada, utilizzando per "porta" un cancello o una serranda.
Tornavo a casa all'imbrunire, stanco e sporco, spesso con qualche sbucciatura, e mia madre, che non mi vedeva per tutto il pomeriggio, quasi sempre mi rimproverava.
Durante la settimana attendevo con impazienza che arrivasse la domenica. In quella giornata, la mattina era d’obbligo andare a messa, ma il pomeriggio era dedicato alla partita della Riolese ed al divertimento.
Il ritrovo con gli amici era fissato al Bar, subito dopo pranzo. Da qui ci spostavamo nel piazzale di chiesa o in un altro angolo appartato per giocarci i pochi spiccioli della domenica (con le carte "a mazzetti", “a còncasa o cràstusu” o con altri giochi)Intorno alle due, due e mezza, si andava al campo  e qui continuavamo con la "bisca", nascosti tra gli eucalipti sul lato fiume.
Ricordo che il breve tratto di strada prima del campo non era ancora asfaltato, per cui quando pioveva, specialmente d'inverno, c’era fango dappertutto. Era praticamente impossibile tornare a casa con le scarpe e i pantaloni ancora puliti.
Il campo era recintato da una reticella, lungo la quale si assiepavano le persone per seguire la partita. Altri spettatori, invece, si parcheggiavano con la macchina sulla piccola altura retrostante (corrispondente pressappoco all’attuale parcheggio), da cui si poteva seguire la partita godendo di una buona visuale, e allo stesso tempo ascoltare "Tutto il calcio minuto per minuto" dall'autoradio o dalle radioline.
Prima dell'inzio della partita spesso mi avvicinavo agli spogliatoi per vedere da vicino i giocatori che, allora, mi sembravano giganteschi.  Li guardavo con ammirazione e sognavo di poter indossare un giorno la stessa maglia.
Ricordo gli odori che provenivano da quei vecchi spogliatoi bui e umidi, con il pavimento in cemento e le vecchie panche di legno.  In particolare l'odore intenso di olio canforato e quello del cuoio e del lucido per scarpe.
Non appena iniziava la partita, l'attenzione del pubblico era catturata da quei calciatori con le maglie bianche bordate di azzurro. Il tifo si accendeva; ogni azione della riolese era accompagnate da boati di ammirazione e di esortazione. Le ingiurie all’arbitro e agli avversari si sprecavano. Ad ogni rete della Riolese scoppiava un tripudio di urla e di clacson.

formazione della Riolese

Tra i calciatori che più mi impressionavano c'erano: Quinto Corona, terzino ruvido dai piedi buoni che non disdegnava le incursioni sulla fascia; Peppino Pilloni (Pillõeddu), trottolino sempre in movimento,  Sandrino Foddis, giovanissimo centrocampista talentuoso, Pietro Corda, sempre preciso e potente.
In quella formazione c'erano anche Claudio Atzori, Vincenzo Cadoni, Giovanni ToluDomenico Fanari. L'allenatore era l'indimenticabile Augusto Orrù, impiegato del Comune di Riola.
Ricordo che al  termine di ogni  partita si ritornava nella piazza principale del paese e nei bar, dove, tra un commento e l’altro, si aspettava che alla televisione (allora ancora in bianco e nero) iniziasse "90° minuto".
In piazza compravamo le noccioline e le arachidi (ũ imbudeddu de nughedda o de pistatzu) da un vecchietto che tutte le domeniche giungeva da Donigala con un piccolo motocarro e sistemava la sua bancarella vicino alla fontanella pubblica (era piuttosto mingherlino, vestiva sempre con una logora giacchetta marrone); poi si andava nuovamente al bar: da Corda, al bar di Dante Daga oppure al bar “Sa Barritta”.
Tra le consumazioni preferite, oltre alle patatine, c’era la spuma”, una bevanda gassata che assomigliava alla coca cola, ma molto più economica, oggi praticamente introvabile. Un bicchiere 50 lire.
Al tardo pomeriggio, dopo aver trascorso tante ore in compagnia degli amici, tornavo a casa malvolentieri, un po’ dispiaciuto che la domenica fosse già finita e che il giorno dopo sarei dovuto ritornare nuovamente a scuola.


di Gilberto Linzas

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