Il programma venne concordato con
l’Assessore regionale al Turismo e con l’Alitalia. Ancora una volta, il Presidente
dell’Ente mi incaricò di svolgere il programma con la collaborazione dei soliti
funzionari e interpreti.
Partimmo da Roma, con un volo
diretto per New York che durava otto ore. Ricordo la noia, interrotta, ogni
tanto, dalla visione di qualche film.
New York
Atterrati nel più grande
aeroporto del mondo, il nostro aereo rullò per oltre mezz’ora, per portarci
all’arrivo; il numero degli aerei parcheggiati era enorme, il frastuono
insopportabile.
Fummo trattenuti alla Dogana
almeno un’ora; gli agenti eseguirono un controllo severo, mai visto in tutte le
altre città del mondo occidentale; un controllo puntiglioso quasi quanto quello
praticato dai Russi a Berlino.
Arrivammo in questa grande
metropoli di mattina; faceva un freddo cane. Le strade erano ghiacciate e il
traffico spaventoso. Il nostro convegno si svolse il giorno dopo nel grande
albergo che ci ospitava. Questo era un grattacielo nel quartiere di Manhattan;
la mia stanza stava al settantacinquesimo piano, mentre il salone riservato per
il nostro lavoro era al primo piano, dove c’erano almeno altri dieci saloni.
Grazie alla preziosa
collaborazione della nostra Ambasciata e dell’Alitalia, la promozione della
Sardegna fu ben accolta.
Come al solito, il nostro lavoro si svolgeva di mattina
e si concludeva con un ricco rinfresco. La sera era dedicata a incontri con personaggi
importanti per il nostro lavoro o alla scoperta della città. Come è noto, New
York è una città multietnica: in maggioranza americani di origine europea,
ispanica, afroamericani e asiatici.
Il nostro interprete (triestino)
aveva dei cugini newyorkesi e, giovanissimo, aveva vissuto alcuni anni in
America. I cugini erano i due figli di un suo zio, sposato con un’afroamericana;
il maschio era bianco, mentre la femmina era negra. Entrambi parlavano benino
l’italiano.
Veduta dall'alto di Central Park
L’incontro con questi due giovani
fu una fortuna inaudita. Essi, infatti, con una grande automobile ci portarono
in giro per la città e, grazie a loro, potemmo vedere il quartiere di
Manhattan, dove visitammo il famoso grattacielo dell’Empire State Building, il
Central Park e il Rockefeller Center.
Siamo stati anche nel quartiere
di Harlem, abitato dagli afro-americani. Abbiamo visitato, poi, il Museum of
Natural History, uno dei più grandi musei di storia naturale del mondo, Times
Square e altri centri importanti della città, sempre in auto. A piedi si poteva
percorrere solo qualche decina di metri, perché le strade erano ghiacciate e si
scivolava.
Curiosità:
Una mattina, subito dopo la
colazione, dovendo telefonare ad un dipendente della nostra Ambasciata, mi recai
in una delle tante cabine telefoniche, vicine al ristorante; qui però dovetti aspettare
qualche minuto, per la presenza di altre persone. Fra queste, davanti a me, c’era anche una
coppia; mi sembravano marito e moglie. Parlavano a bassa voce e, quindi, non
potevo capire la loro lingua; ma i loro abiti mi sembravano abbastanza noti.
Improvvisamente un signore che
usciva dalla cabina inciampò e cadde addosso alla signora, che stava davanti a
me. Questa imprecò la malasorte in sardo logudorese. Meravigliato, le chiesi in
italiano di conoscere i motivi della loro presenza a New York e lei, a sua
volta, mi domandò se fossi italiano. Alla mia risposta “Si, sono italiano e
sardo come lei”, la signora mi raccontò in logudorese: “Io e mio fratello siamo
nuoresi. La mia famiglia, assieme ad altre del Nuorese, usa venire qua da tanti
anni, già prima della guerra del 1940/45, per controllare l’andamento del
mercato del pecorino sardo. Ogni anno, a turno, viene qui un nostro
rappresentante, quest’anno è il nostro turno.”.
Rimasi sbalordito. Dall’aspetto,
questi due non mi erano sembrati certamente uomini d’affari. Lei vestiva una
gonna lunga nera, con un grande scialle sulle spalle e un fazzoletto grigio
sulla testa; il fratello vestiva un abito grigio di fustagno e aveva in mano il
classico berretto barbaricino. Sembravano una coppia perfetta di un qualsiasi
paese della Barbagia, vestita a festa. Il
mondo così grande una volta, nel ventesimo secolo è diventato piccolo grazie
all’aereo. A dimostrazione di ciò, ricordo con molto piacere che negli anni 70 del
secolo scorso incontrai all’estero, ad Amsterdam in Olanda, un altro sardo, un
mio paesano, un certo Ignazio Orrù.
Da New York, sempre in aereo,
raggiungemmo Montreal (in Canada), una grande città abitata in maggioranza da
oriundi francesi.
All’Ufficio Dogana
dell’aeroporto, se non si dichiara di avere qualcosa da pagare, si passa liberamente;
non si controlla nemmeno il passaporto, come avviene, oggi, nei paesi
dell’Unione Europea.
Io venni a sapere, dopo, che
questo trattamento veniva riservato solo ai passeggeri provenienti dall’America
settentrionale (U.S.A.), dove i controlli erano severissimi.
Com’è noto, il Canada è stato
prima colonia francese, fino al 1763, poi inglese. Esso ottenne l’indipendenza
completa solo nel 1982; in precedenza faceva parte del Commonwealth del regno
di Gran Bretagna. Nel 1972 il loro Sovrano era la Regina Elisabetta
II; era uno Stato federale, una democrazia parlamentare e una monarchia
costituzionale. Il Canada è, dopo la
Russia , il paese più esteso del mondo e comprende dieci Province e tre Territori nella parte nord dell’America settentrionale. A
Montreal svolgemmo il nostro lavoro in un bel salone di un nuovissimo
grattacielo, con tanta gente importante invitata dalla nostra Ambasciata e da
Alitalia; la promozione fu un successo.
Anche in questa città, dove si
parlano due lingue (francese e inglese), incontrammo molti personaggi
importanti. Fra questi un italo-canadese, il più grosso commerciante di vini
italiani in Canada e U.S.A. Io, allora, ero Vice Presidente della Cantina della
Vernaccia di Oristano e ne approfittai per raccomandargli il nostro vino
Vernaccia; addirittura lo misi in contatto con la Cantina , per un’eventuale
collaborazione. Ricordo che, a causa dell’eccessiva burocrazia italiana, spesso
non aggiornata in materia, non si riuscì a concludere nessun affare.
Montreal - una delle poche vie storiche rimaste
Curiosità:
Appena entrati in città, per
raggiungere il nostro albergo, notammo che Montreal, allora, era in pieno
sviluppo urbanistico; si costruivano ampie strade e tante nuove case:
grattacieli.
Interi quartieri, costruiti negli
anni 1700/1800 (tipo i nostri quartieri di Castello e Marina a Cagliari),
venivano demoliti e ricostruiti. Le gru erano tante e tutte in movimento, i
cantieri pieni di lavoratori. Ricordo di aver letto, sulle recinzioni dei
cantieri, dei cartelloni enormi con scritte a caratteri cubitali: “Se cerchi
lavoro, presentati in cantiere o telefona al n…………..” .
Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati
Editing G.Linzas
Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati
Editing G.Linzas
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