lunedì 9 gennaio 2012

RIOLA: Appunti sulla preistoria (ipotesi) e notiziole storiche - 2a parte


Per i sentieri scoscesi e malandati
sciami di passerotti svolazzanti
e cinguettanti;
un tramestìo di villici abbronzati,
affaccendati.


Il Comune di Riola Sardo conta, secondo le ultime rilevazioni statistiche, 2.163 abitanti (1.096 M e 1067 F) su un territorio di Kmq.  48,23. Il paese sorge ai bordi meridionali dello stagno di "Mar e’ Foghe", ora completamente prosciugato in seguito alla bonifica.
Da Nord-Est a Ovest, scorreva, una volta, il Rio Mannu, le cui acque scendevano dal Montiferru, versante Santulussurgiu-Milis-Tramatza-Zeddiani. Oggi esse scorrono lungo un canale artificiale, di marea, largo 70 metri e lungo 8 Km, da Zeddiani a Riola-stagno di Cabras-Golfo di Oristano.

veduta aerea di Riola

Fino al 1933, il Comune si chiamava semplicemente RIOLA, “dal latino areola e sardo argiòla-aia”. Per altri, dal vecchio toponimo Arriora, che significa lungo il rio, fiume, Riola.
“Come abbiamo già visto, il territorio in cui sorse il villaggio, fu abitato densamente fin dall’età fenicia, in quanto era di pertinenza del centro di Tharros”. Nel periodo medioevale-giudicale (740/1410) “appartenne alla Curatoria del Campidano Maggiore o di Cabras”.
Nel 1388 i rappresentanti di Riola (Arriora) parteciparono alla stipula del trattato di pace tra Eleonora d’Arborea e il re d’Aragona; trattato firmato a Cagliari. Dal 1410, dopo la fine del Giudicato di Arborea, Riola divenne una villa del Regno d’Aragona di Sardegna e incluso nel Marchesato di Oristano, il cui titolo lo assunse direttamente il re d’Aragona.
Durante i numerosi attacchi dei mori del secolo XVI, pare che il villaggio si sia salvato da questo triste flagello, grazie al suo ponte su "Mare 'e Foghe".

Come già visto, nel 1720 la Sardegna venne assegnata al Conte Vittorio Amedeo II di Savoia, che divenne re di Sardegna e Piemonte. Riola, già appartenente al Marchesato di Oristano, divenne automaticamente villa del Regno di Sardegna e inclusa nel Marchesato di Arcais.
Da allora i riolesi dovettero pagare i gravosi tributi feudali al nuovo Marchese Damiano Nurra, poi al suo successore Francesco Flores d’Arcais. Questi gravosi tributi furono contestati più volte dagli abitanti delle Ville e, nel 1838, vennero finalmente aboliti dietro pagamento da parte dei Comuni di una grossa somma di denaro come riscatto.
Agli inizi degli anni '20 del secolo scorso una piccola porzione del territorio di Riola, a sud del paese, venne assegnata al Comune di Baratili, pare a causa di una rissa scoppiata durante la festa di San Pietro. Si dice che durante la festa un riolese abbia gridato: Ajò! Ajò! ca sa festa esti de Arriora!”, perché sapeva che la chiesa sorgeva, allora, in territorio di Riola. Si dice anche che la rissa durò a lungo con feriti da entrambe le parti.
Per evitare che si ripetessero simili pericolose turbative, le autorità competenti avrebbero proceduto ad assegnare al comune di Baratili il territorio dove sorge la chiesa e poco oltre.
Nel 1927 “a Riola vennero aggregati, come frazioni, i soppressi Comuni di Baratili e Nurachi, che diventeranno nuovamente autonomi nel 1945
Nel 1933 “a Riola fu attribuita la denominazione di Riola Sardo
Nel 1974 un’altra piccola zona del suo territorio fu staccata per essere aggregata al Comune di Baratili. Questo avvenne per soddisfare le giuste richieste di alcuni riolesi che avevano costruito casa in quella zona e a fianco delle ultime case baratilesi. Questi riolesi reclamavano la concessione dell’allaccio all’acquedotto, ma il Comune di Baratili respingeva la richiesta, perché non aveva competenza.  Il Comune di Riola, sul cui territorio erano sorte le case, non aveva la possibilità di spendere una somma eccessiva, data la notevole distanza dal suo acquedotto. 
Con la costituzione della Provincia di Oristano, nel 1974, il paese è entrato a far parte della nuova aggregazione”.
Oggi a Riola Sardo c’è una sola chiesa aperta al culto, dedicata a San Martino, suo patrono, a Sant’Anna e Sant’Andrea di Funtana Romana (il vecchio pozzo artesiano, demolito negli anni sessanta del secolo scorso, si trovava vicinissimo al ponte); essa venne costruita nel corso del XVIII secolo, con annessa torre campanaria e cupola a cipolla rivestita con lastre di ceramica colorate.

“In età medievale e fino alla fine del 1700, a Riola vi era la chiesa di Santa Corona detta de Rivora, che intorno al 1100 era annessa a un ospedale dei Templari per i viandanti che percorrevano la strada tra Othoca e Cornus.
Nel 1199 la chiesa passò ai Camaldolesi di Bonarcado, che la dedicarono a Santa Corona (venne poi ricostruita tra il XIV e XV secolo, sulla struttura originale dell’XI secolo)".
La chiesa di Santa Corona e l'area di pertinenza, nell'800 e fino alla seconda metà degli anni '30 del secolo scorso, furono utilizzati come cimitero (su campusantu 'ezzu); seguirono poi  lunghi anni di abbandono e degrado.

Foto d'epoca: Chiesa di Santa Corona anni '70

Nel 1980 i professori Pau e Zucca, scrivevano: “Oggi questa antica chiesa è fatiscente. Resta qualche tratto di muro laterale a destra dell’aula, resta un tratto della volta a botte del presbiterio, restano due cappelle sul lato destro. In origine l’aula aveva tre navate”. 
Attualmente la chiesa è interessata da lavori di contenimento e restauro che dovrebbero completarsi a breve termine.
Il Santo Patrono di Riola è San Martino e si festeggia l'undici (11) Novembre, in forma religiosa e senza una grande organizzazione laica: niente fuochi artificiali, balli e canti, come per Sant’Anna.
San Martino viene festeggiato, in pompa magna, con comitato organizzatore laico, assieme a Sant'Anna.  Il 26 Luglio Sant'Anna e  il 27 Luglio San Martino.
Il motivo dei grandi festeggiamenti in onore di questi santi a Luglio è, senz'altro, di natura economica; infatti, in questo mese si conclude la raccolta dei cereali che i riolesi hanno sempre coltivato abbondantemente per secoli (si veda anche lo stemma del Comune). Quindi maggiori possibilità economiche. Al riguardo si riporta il famoso proverbio narboliese: Pròtzada o no pròtzada, trigu fàidi ĩ Arriora.
Il comitato organizzatore ottiene sempre sostanziose donazioni in denaro (in passato, anche in cereali). Le feste religiose vengono organizzate dal Parroco con la collaborazione, sempre fattiva, delle Prioresse, una per ogni Santo.
La festa di San Martino dell’undici Novembre viene legata alla tradizionale e abbondante libagione di vino nuovo nelle numerose cantine. “Po Santu Matĩu, stuppa bĩu”, dice un vecchio proverbio riolese. Praticamente questa festa novembrina è stata sempre considerata dai laici la festa degli ubriaconi. Una volta e, ancora oggi, si usa mettere delle canne fresche sulle porte d'ingresso dei più noti bevitori (molte o poche, secondo il grado di libagione del padrone). Mentre i coltivatori, che mettevano in vendita il loro vino di proprietà, usavano mettere un ramo d'alloro di fianco al loro ingresso.
Si dice anche che, fino agli anni ‘20 del secolo scorso, nel giorno di San Martino, si festeggiassero anche i cornuti. La festa consisteva in una specie di processione di ubriachi, o finti tali, che si fermava davanti alla porta d’ingresso del cornuto noto o sospettato e tutti cantavano la canzone, il cui ritornello era: “Occannu puru pobidda mia m’adi pigau po crabatori, trallallera e trallallà!”.
La festa di Sant’Anna per i riolesi era (e penso ancora lo sia) la cosa più importante al mondo. Data la maggiore disponibilità economica già detta, i riolesi potevano comprare il vestito nuovo e quant’altro occorrente per la persona e la casa; i medesimi potevano, numerosi, far parte del Comitato organizzatore per la festa, donando un contributo elevato per poter godere una buona Arroda (fuochi artificiali). “S’arroda” doveva essere migliore di quella di Santa Maria di Cabras, che si svolge nel mese di Maggio, quindi, prima.  
In merito alla festa di Sant’Anna, famosa è rimasta la risposta di un riolese ad un cabrarese che gli chiedeva notizie sulla festa di Sant’Anna: E occannu, festa bella éisi fattu po Sant’Anna?. La pronta risposta del riolese fu: Fogu, fogu tiau!.

Testo a cura di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati.

Editing G.Linzas


(versi tratti dalla poesia "Il mio villaggio" di E. Zoncu)


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