venerdì 25 novembre 2011

CÒNTUSU : “SU SPADU” - di Giuseppe Mocci


foto d'epoca: pescatori nello Stagno 

Fino agli anni sessanta del secolo scorso lo Stagno di Cabras  (denominato prima Mare 'e Pontis), ricadente per 2/3 nel Comune di Cabras e per 1/3 nel nostro Comune, era di proprietà privata. Lo amministrava la società Pontis, di cui facevano parte Don Efisio Carta, socio maggioritario, e i suoi numerosi parenti. 
Gli antenati di Don Efisio lo acquistarono dal Marchese di Oristano, Damiano Nurra, che, a sua volta, lo aveva acquistato dai Conti Vivaldi Pasqua di Genova nel 1750. 
Questi proprietari venivano chiamati dalla stampa sarda I Baroni della Lagunae amministravano le peschiere di tutto il comprensorio, che comprendeva la grande peschiera di Pontis, in agro di Cabras e la piccola peschiera, Pischeredda, in agro di Nurachi/Riola.
Non solo, ma questa società deteneva anche il diritto esclusivo di pesca lungo il fiume Rio Mannu, fino a Ponti Zoppu, in agro di Tramatza.
A Riola, allora, esercitavano la pesca, in tutto il compendio dello Stagno di Mare 'e Pontis e di Mare 'e Foghe, una trentina di pescatori. Questi, però, potevano pescare solo a domanda e a pagamento in determinati periodi dell’anno e con limitati strumenti, imposti da un rigido regolamento.
Naturalmente, come da antichissima tradizione, molti altri riolesi praticavano la pesca di frodo nel compendio privato e la pesca libera nelle numerose paludi del Sinis di proprietà del Comune di Riola.

scorcio dello Stagno di Cabras

Sulla pesca nel grande compendio vigeva un rigidissmo regolamento che i pescatori autorizzati dovevano osservare scrupolosamente e sotto il controllo severissimo di numerose guardie giurate, dipendenti dalla società Pontis. 
A capo di queste guardie era preposto un uomo diventato famoso per la sua severità e la spietata lotta ai pescatori abusivi (is 'spadõerisi) o trasgressori del regolamento de “is Meris”.
Questo individuo, soprannominato Su Spadu, cabrarese, in compagnia di un altro suo collega, era presente da per tutto.
Egli si muoveva in barca o in bicicletta, e sempre armato. Quando arrivava in bicicletta tutti lo riconoscevano e lo apostrofavano con parole di malaugurio. Qualcuno, spesso, lo precedeva di gran corsa per avvisare i pescatori di frodo lungo il fiume.
Quando "Su Spadu" arrivava in bicicletta raramente trovava intrusi; mentre quando arrivava in barca, di sorpresa, arrestava sempre qualcuno. Si dice che, in quarant’anni di servizio, abbia arrestato e fatto condannare centinaia di riolesi. 
Famosa è rimasta la condanna a tre mesi con la condizionale inflitta a un ricco possidente, notoriamente non pescatore.
Si racconta che questi, in una giornata afosa di Agosto, di rientro dalla campagna, fosse sceso sul fiume, sotto il ponte, per un urgentissimo bisogno corporeo.
Mentre il malcapitato provvedeva a lavarsi le mani e a rimettersi in ordine, si sentì intimare l’alt da “Su Spadu”, apparso improvvisamente col fucile in mano. Il ricco possidente venne condotto in caserma per gli accertamenti e denunciato per pesca di frodo. Seguì poi la condanna. 
Per fortuna dei pescatori professionali e dilettanti, non solo di Riola, ma di tutta la zona, questa schiavitù finì per l’intervento della Regione Autonoma della Sardegna, che, con apposita legge emanata nella seconda metà degli anni ’50 (la legge regionale n. 39 del 1956) e successivamente con decreto del Presidente della Regione del ‘65, abolì i diritti esclusivi di pesca in acque interne; ma, soprattutto, per le lotte dei pescatori che si batterono durante tutti gli anni ‘60 e ‘70 perché la legge fosse applicata. 
La Regione, solo dopo una lunga vertenza con i proprietari, riscattò il famoso compendio, dove ora lavorano centinaia di pescatori, inquadrati in cooperative facenti parte del Consorzio che ha in affidamento  la gestione dello stesso compendio ittico.

Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati.

Editing G.Linzas

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