mercoledì 25 gennaio 2012

Còntusu: "SU ZIBULLAU" - di Giuseppe Mocci

Finita la grande guerra del 1915/18, Michei, già sergente in servizio permanete, era stato inviato in Libia, con il suo Reggimento, per consolidare l’occupazione Italiana della colonia d’oltremare.
Il suo reparto era accampato in pieno deserto, e qui egli fu protagonista di un episodio che gli permise di fare una buona carriera militare.
Un giorno, infatti, egli venne mandato (come comandante di squadra) di scorta al servizio trasporto mensa ad un piccolo reparto schierato a qualche chilometro dall'accampamento. 
Questo servizio era composto da un cuciniere e dal conducente un mulo, per il trasporto di due grandi marmitte contenenti il rancio dei soldati.


Durante il breve tragitto, lungo una polverosa pista nel deserto, il mulo procedeva avanti con ai lati il conducente ed il cuoco; Michei e la sua squadra seguivano dietro, a poca distanza.
Improvvisamente, si udirono degli spari e delle urla tremende: due ribelli libici si erano lanciati all'assalto del piccolo convoglio, creando scompiglio ed una gran confusione. 
Fu allora che il mulo, spaventato a morte, con un gran salto in alto, mandò a gambe all’aria i due ribelli, poi si dimenò e rovesciò tutto intorno il contenuto bollente delle marmitte.
Michei, coi suoi soldati, sciabola in mano, giunse immediatamente sul posto; la scena che videro fu raccapricciante. Stesi sulla sabbia, gravemente ustionati (le urla di dolore erano strazianti), c’erano il cuciniere, il conducente e i due ribelli libici; il mulo lo trovarono più avanti, steso sulla sabbia, agonizzante per le gravissime ustioni.
Rientrato nell’accampamento con i feriti (compresi i ribelli catturati)Michei fece un rapporto dell’accaduto. Dopo qualche giorno gli fu conferito un encomio solenne e fu proposto per la promozione al grado di maresciallo.
Promosso maresciallo, il nostro eroe venne trasferito in Eritrea, altra colonia italiana. Qui ebbe il comando di un plotone di àscari (soldati coloniali indigeni) montanti cammelli e fu addetto alla Polizia Coloniale; disponeva, inoltre, di alloggio di servizio e di un attendente àscaro.
In Eritrea, Michei trascorse una decina di anni felice e contento, senza mai incorrere in pericolo alcuno. Nel 1930 venne trasferito in Somalia, la terza colonia italiana, dove trascorse gli ultimi anni della sua carriera, con lo stesso incarico e i medesimi benefici.
Finalmente, nel 1934 fu congedato, per limiti di età, e fece ritorno in paese. Egli non si sposò mai. In Africa, invece, ebbe molte “spose” cambiandole spesso, perché così usavano i militari coloniali.
Michei, rientrato a Riola, ebbe la fortuna di vivere a lungo, sano e tranquillo.
Ricordo che, quando si parlava di lui, tutti lo chiamavano SU ZIBULLAU
Io, allora, ragazzino, non conoscevo il significato di questa parola; però avevo sentito che Michei se la passava bene e quindi attribuì a "Su Zibullau" il significato di uomo ricco.
A scuola, in quarta elementare, dovevo svolgere a casa il tema: Arti e mestieri dei Riolesi. Io feci un elenco di persone, alcune note per la ricchezza, altre per la loro professione; tra le persone ricche inclusi "Su Zibullau".
Mia nonna lesse il tema e, sorridendo, mi disse: 
Chi è questo "Zibullau"? A Riola ci sono almeno dieci zibullàusu!
Le risposi che non conoscevo il nome del mio "Zibullau", ma le dissi dove egli abitava. Mia nonna, riconosciuta la persona, esclamò: 
Cussu è Michei, s’Africãu; no est arriccu, ma si dda pàssada bẽi sa vida! 
Cussu maradittu pìgada sa paga dònnia mesi, chenz’e triballai. Esti ũ zibullau de su guvernu! 
Ella proseguì la lettura, attribuendo ad ogni personaggio da me indicato nel tema un aggettivo, oppure ne faceva una dettagliata descrizione. 
Io venni a sapere, allora, che a Riola c’erano pochi ricchi, alcuni benestanti, tra i quali i "zibullàusu", e molti poveri; c’erano anche alcuni che vivevano di elemosina. Per questi ultimi si diceva: 
Cussu no tẽidi manc’abba in sa brocca!

Nota:
Con il termine "zibullau" fino agli anni '30/40 del secolo scorso veniva indicato colui che godeva di una pensione o di un vitalizio. I titolari di pensione, all'epoca, erano in numero ridotto; si trattava, generalmente, di ex appartenenti alle forze armate in congedo.

Testo di Giuseppe Mocci - tutti i diritti riservati

Editing G.Linzas 
Revisione riolese  B. Sulas



Nessun commento:

Posta un commento