lunedì 3 aprile 2023

La chiesa di Santa Corona e il misterioso paese di Nu(v)ole




Alcuni giorni fa, effettuando delle ricerche in rete sulla chiesa medioevale riolese di Santa Corona, mi sono imbattuto in un libricino scritto nella seconda metà del milleottocento dal teologo e canonico della Cattedrale di Oristano Salvatore Angelo Scintu.  

L’opuscolo -  come viene chiamato dall’autore – è stato  pubblicato dalla Tipografia Arborense nel 1873 con il titolo “Memorie D’Arborea”. Si tratta di una raccolta di notizie storiche sulla fondazione di Oristano e sulla chiesa Arborense  “tratte in gran parte da documenti inediti” come viene dichiarato nel sottotitolo di copertina (*).    

La parte dedicata alla chiesa di Santa Corona è concentrata in poche righe, ma le notizie e le considerazioni riportate mi hanno incuriosito.  

Il canonico in particolare, a pagina 37,  commentando un antico documento riportato integralmente che dichiarava essere in suo possesso in copia autentica, così scriveva:

Santa Corona di Nuole – Questa pare sia stata parrocchiale del paese Nuole, e la chiesa ed il paese non sono più. Esiste bensì il campo aratorio denominato ancora Saltu de Santa Corona: vi si notano ancora i vestigi della chiesa e di case, e la statua della Santa fu trasferita alla vicina Parrocchia di Riola dove si celebra l’annua festa. Da questo fatto parmi almeno molto verosimile che anche il popolo siasi unito a Riola. Il salto poi di Santa Corona era del Priorato di Bonarcado ed ora è colpito dalle stesse leggi che colpirono gli altri beni ecclesiastici.

Occorre puntualizzare che il documento trascritto dal teologo oristanese, oggetto delle sue “notazioni e schiarimenti”, di per sé non era inedito in quanto già reso noto dallo storico Pasquale Tola nel Codex Diplomaticus, il più vasto repertorio di fonti medioevali della Sardegna pubblicato negli anni 1861-1868.

Si tratta infatti  dell’atto con il quale l’Arcivescovo di Arborea Bernardo confermava al Monastero di Bonarcado le donazioni e le disposizioni fattegli dal suo fondatore Costantino II (doc. n. XXVII).  Un documento importante poiché per la prima volta è citata la chiesa di Santa Corona, qui chiamata “ecclesiam Sanctae Coronae de Nu(v)ole”, concessa  in donazione con tutto il suo patrimonio il 20 ottobre 1211.

Stranamente nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, scoperto successivamente alla pubblicazione del Codex Diplomaticus, nella scheda che documenta le donazioni originarie del Giudice Costantino d’Arborea,  si fa riferimento ai possedimenti della "domus" denominata di Sancta Corona de Rrivora (scheda n.1)  e non  Sanctae Coronae de Nu(v)ole.

Fatte queste precisazioni, ciò che stupisce nelle annotazioni del canonico Scintu è l’ipotesi di un fantomatico paese di Nuole, la cui chiesa di Santa Corona ne sarebbe stata la parrocchiale e la cui popolazione,  “verosimilmente”, si sarebbe  unita a quella di Riola.

Non risulta che in alcun altro libro o studio successivo venga considerata questa ipotesi o fornita  una possibile spiegazione della differente denominazione.

Viene da domandarsi se Nu(v)ole e Rrivora fossero la stessa cosa o se - come sostenuto dal canonico -  esistessero effettivamente due minuscoli villaggi o agglomerati di case che in seguito si unirono.

Credo comunque che difficilmente  si avrà una risposta a questa domanda e che il “mistero” – se di mistero si tratta – rimarrà tale.


di Gilberto Linzas


Nota

(*) Nell’introduzione del suo libro, il Canonico Salvatore Angelo Scintu precisa che: “le poche memorie, che di questa storica terra d’Arborea ti offrirà il presente Opuscolo, con lunga e noiosa fatica le spigolai, in parte dalle Pergamene  e Fogli cartacei d’Arborea, di recente scoperti ed illustrati da due Sarde Celebrità, altre da Libri divenuti rarissimi….”.

Le predette “Pergamene e Fogli cartacei d’arborea, di recente scoperti..”, su cui si basa buona parte del libro  (ma non la parte e i documenti a cui si riferisce questo post),  altro non sono che i famosi “falsi d’Arborea” che ingannarono non solo il direttore della Biblioteca Universitaria di Cagliari Pietro Martini, che li ricevette nel 1845 dalle mani del frate Cosimo Manca, ma numerosi altri studiosi (tra i quali anche il La Marmora).  I “falsi” di Arborea, peraltro, continuarono ad avere numerosi sostenitori anche dopo la scoperta della loro non autenticità avvenuta nel 1870.







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