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sabato 16 luglio 2011

STORIA MEDIOEVALE DELLA SARDEGNA (sintesi - 9ª parte)

FINE DEL GIUDICATO DI ARBOREA 
29 marzo 1410 - 17 agosto 1420
A cura di Giuseppe Mocci

“Verso il giorno 10 (luglio), Martino il Giovane aveva affidato Sanluri ed i paesi circonvicini a Pietro Torrelles e si era ritirato con parte dell'esercito a Cagliari: il poveretto già incubava la malaria… Morì dopo dieci giorni il 25 luglio… fu sepolto con tutti gli onori nella cattedrale del Castel di Cagliari, dove ancora oggi riposano le sue spoglie insieme a quelle dei nobili catalani caduti in Sardegna per la causa dell'Aragona.”

Mausoleo di Martino il giovane - Duomo S. Maria di Castello 

La morte dell'Infante creò uno scompiglio nell'esercito spagnolo e in tutto il Regno D'Aragona, che rimase senza eredi diretti per la successione al trono.
Guglielmo di Narbona si recò in Francia per cercare aiuti e lasciò a Oristano Leonardo Cubello Bas Serra, discendente del famoso Mariano IV, nominandolo suo luogotenente o “giudice di fatto” (Prof.Casula). 
Questa nomina è controversa; altri storici riferiscono che, mentre Guglielmo era in Francia, gli arborensi avrebbero annullato l'elezione del Visconte di Narbona a Giudice d'Arborea e nominato Leonardo Cubello protettore e signore degli arborensi, ma non Giudice (Angius-Casalis).
Leonardo Cubello, forse illuso per l’incertezza che regnava in campo nemico per la morte dell'Infante di Spagna, riprese le ostilità il 17 agosto.
Egli, “coi resti dell'esercito arborense”, prima respinse un attacco nemico alla città, saldamente fortificata, poi sconfisse l'esercito di Pietro Torrelles “nella seconda battaglia fra Sant'Anna, Fenosu e Santa Giusta”.
Nel mese di gennaio del 1410, il capitano generale Pietro Torrelles, dopo aver espugnato Bosa, cinse nuovamente d'assedio Oristano.
Dopo un lungo assedio il Torrelles, forse temendo di non poter facilmente “espugnare le mura di Oristano, credette buon consiglio di fare alcune proposte al Cubello, e gli fece sperare che ove si sottomettesse all’autorità del Re e gli pagasse una certa somma di denaro, questi sarebbe benigno verso lui, e lo investirebbe, se non del tutto, di una gran parte del Giudicato; che per lo contrario se persistesse e fosse vinto, come non potea mancare, sarebbe non solo privato della giurisdizione, ma nello stesso suo privato patrimonio, e fosse punito, come si usava verso i felloni”. Questa la versione dell’Angius; mentre per il Prof. Casula, semplicemente: “Sorprendentemente, e con sospetto di collusione, Leonardo Cubello venne a patti col nemico, firmando il 29 marzo 1410, nel monastero di San Martino fuori le mura, un documento di capitolazione della città e di quasi tutta l’Arborea storica la quale veniva incamerata nel Regno di Sardegna e, in parte, a lui ridata in feudo col titolo di Marchese di Oristano”.
Leonardo Cubello, sentiti i principali signori della città e il consiglio comunale, tutti consci della disfatta, accettò le proposte del Torrelles. Così riferisce l’Angius, il quale racconta: “Il 29 marzo 1410 i procuratori del Cubello e del Municipio con gli ostaggi richiesti e la somma che si era domandata firmarono l’atto di resa nella chiesa di San Martino. 

Chiesa di San Martino - Oristano

Questi procuratori erano frate Elia di Palmas, priore del monastero di Bonarcado, e Giovanni Latte con Leonardo di Ferrara notajo. I quali, presentati al Luogotenente del Re, che li ricevette assiso in trono tra il corteggio di tutti i nobili cavalieri dell’esercito, lo supplicarono per parte di esso Cubello e de’ dodici uomini probi eletti per il popolo della città di Oristano…Si lessero dopo ciò gli articoli, ai quali il Re voleva ricevere in sua grazia il Cubello ed istituirlo Marchese di Oristano e Conte del Goceano; quindi si numerò il danaro che doveasi per la prima investitura, si presentarono gli ostaggi… il luogotenente del Re giurò in nome ed in vece del medesimo che la concessione fatta sarebbe fedelmente osservata… Alla quale solennità seguì, ma forse in altro giorno e luogo, la prestazione d’omaggio il giuramento di fedeltà e investitura solenne del Marchesato”.
In conclusione il Cubello, oltre a riconoscere l’autorità del Re d’Aragona, come leale suddito e vassallo, dovette impegnarsi a pagare ogni anno cinquecento fiorini di Aragona per tributo, consegnare, come ostaggi, uno dei suoi figli con i figli di alcuni dei principali uomini della città; dovette inoltre pagare la somma di trentamila fiorini d’oro, per danni di guerra.
Però subito dopo, “il 31 maggio 1410, Guglielmo III di Narbona-Bas tornò dalla Francia” e, non riconoscendo l’operato del Cubello, riprese le ostilità per riconquistare il Giudicato.

disegno di Guglielmo III di Narbona Bas - tratto dal sito www.sabattalla.it

Egli ottenne anche qualche successo, ma dopo pochi mesi: “visti inutili tutti gli sforzi… entrò allora in trattative col nuovo sovrano della Corona d’Aragona, Ferdinando I… e poi col figlio Alfonso II di Sardegna, detto il Magnanimo, per la vendita delle proprie prerogative sovrane sull’Arborea. 
L’accordo fu raggiunto ad Alghero, col Re catalano in persona, il 17 agosto 1420. Al prezzo di centomila fiorini d’oro finì, dopo oltre mezzo millennio di vita, il glorioso Regno indigeno giudicale ed il sogno nazionalista di fare sarda la Sardegna” (prof.C.F.Casula).

LEGGENDA 
LA BELLA DI SANLURI

Si narra che i Marchesi, i Conti e i Baroni catalani, aragonesi, valenzani e maiorchini, dopo la conquista del castello di SELLORI e la distruzione del suo Borgo, si spartirono il bottino: giovani donne e bambini, che andarono, quasi tutti, ad incrementare la servitù dei nobili spagnoli.
Si narra anche che una giovane prigioniera, molto bella, sia stata destinata, a turno, a soddisfare le voglie amorose dei vari comandanti l'esercito spagnolo, durante il periodo della sosta della guerra e mentre il Re Martino il Giovane si trovava a Cagliari, già malato.
Il Re, venuto a sapere di questa bellissima giovane, avrebbe inviato il suo aiutante nell’accampamento nei pressi del Castello di Sellori, per verificare se quella giovane meritasse l'attenzione reale.
Constata l'avvenenza della giovane e ritenuta degna di far parte della corte delle cortigiane reali, l'aiutante l’avrebbe condotta a Cagliari.
Il Re l’avrebbe trovata subito di suo gradimento, tanto che si sarebbe sollazzato con la giovane per una settimana intera, non curante della sua malattia; purtroppo gli sarebbe stato fatale facendolo morire d'infarto.
Il nobile e giovane aiutante di Re Martino, congedato dal nuovo Re, avrebbe fatto ritorno in Spagna, a Barcellona, portando con sé la bella di Sellori.
Il nobile catalano, innamorato, perdutamente, della giovane sarda, l’avrebbe poi sposata.
La Bella di Sellori sarebbe diventata Gran Dama di Spagna, riverita e ben accolta dalla nobiltà catalana; non solo, ma avrebbe fatto anche la fortuna di alcuni servi selloresi, prigionieri, che sarebbero diventati liberi e al servizio della stessa Gran Dama.

Testi a cura di Giuseppe Mocci - tutti i diritti riservati

martedì 12 luglio 2011

STORIA MEDIOEVALE DELLA SARDEGNA (sintesi - 8ª parte)

LA BATTAGLIA DI SANLURI
“SA BATTALLA”  30 giugno/1 Luglio 1409
A cura di Giuseppe Mocci

La battaglia di Sanluri - di Giovanni Marghinotti

Alla morte di Eleonora, il Giudicato d'Arborea passò al figlio Mariano V, ancora minorenne, per cui prese la reggenza il padre Brancaleone Doria.
Questa reggenza durò pochissimo, perché Mariano V morì subito dopo la successione. Brancaleone tentò di succedere al figlio, ma la maggior parte degli arborensi si opposero e invocarono il diritto di successione sul Giudicato in favore alla sorella di Eleonora: Beatrice d'Arborea Bas Serra, moglie del Visconte di Narbona, Amerigo VI, potente di Francia.
Sorsero allora a Oristano due partiti, quello pro Brancaleone, appoggiato da Genova, e quello dei sostenitori di Beatrice “che si promettevano il forte soccorso del Visconte suddetto”, appoggiato dalla Francia.
Prevalse il partito di Beatrice e, a seguito di regolari elezioni cui parteciparono i nobili d'Arborea, il clero e tutti i procuratori delle Ville, fu eletto Giudice d'Arborea il nipote di Beatrice, Guglielmo III di Narbona. Seguì un accordo tra Beatrice e suo cognato Brancaleone.
Il Re d'Aragona, venuto a conoscenza della composizione della discordia tra i sardi per il Giudicato d'Arborea e che il Visconte di Narbona aveva riunito un grosso esercito nel Castello di Sanluri, preparata una grande armata, composta da spagnoli, siciliani e mercenari, la inviò in Sardegna al comando del figlio: l’Infante Martino il Giovane, re di Sicilia ed erede della Corona d’Aragona.

Castello di Sanluri

L’armata spagnola, inferiore di numero a quella arborense, era meglio armata e posta al comando unico dell’Infante.  L'armata comandata da Guglielmo III era composta da sardi, narbonesi e genovesi.
L'Infante di Spagna da Cagliari, “unica roccaforte con Alghero ancora in mano iberica”, inviò a Sanluri un suo rappresentante, per tentare di trovare un accordo col Giudice d’Arborea, per la riconquista del Regno di Sardegna.
Fallito questo tentativo, Martino, con la sua potente armata, “lasciò Castel di Cagliari il 26 giugno del 1409 … e si diresse verso Sanluri, dove stazionavano circa diciassettemila fanti e tremila cavalieri fra sardi, francesi, genovesi e lombardi... in un bailamme di lingue, di modi, di costumi e di comportamenti che ne limitavano la governabilità e la forza. Lo scontro finale cominciò all’alba del 30 giugno.
Dopo un discorso d’incitamento del sovrano Martino il Giovane, l’esercito siculo-catalano-aragonese cominciò ad avanzare fino ad una lega da Sanluri… arrivò fino al colle dov’era il Visconte di Narbona-Bas col suo esercito… e cominciò il combattimento”.
La battaglia continuò il primo luglio. Quanto durò e come si svolse la lotta non è molto chiaro; certo fu aspra e accanita… Vinsero, come si sa, le armi palate (i pali della bandiera originaria dei catalani).
Secondo le fonti aragonesi (Zurita) morirono sul campo cinquemila sardi e quattromila furono catturati; “invece, solo pochissimi nobili iberici vi avrebbero lasciato la vita” (prof. F.C. Casula).

schema de "sa battalla" (autori Giacomo Sanna e Ugo Crisponi) - tavola tratta da www.cmsc.it

Una parte dell’esercito arborense si rifugiò nel castello di Sanluri, ma fu preso d’assalto dagli spagnoli, “che uccisero duecento balestrieri genovesi e cento fanti francesi, e che passarono a fil di spada gran parte della popolazione civile, senza distinzione di età; furono risparmiati solo gli uomini e le donne abili al lavoro.” Il grosso dell’esercito di Guglielmo si ritirò in direzione del Castello di Monreale, senza però raggiungerlo, perché venne intrappolato a ridosso del rio Mannu… “nel luogo sinistramente denominato ancora oggi "su occidroxiu", il mattatoio, : un’altra strage.
Il resto dell’esercito arborense, che riuscì a salvarsi, si rifugiò nella fortificata città di Oristano.
Dopo il grande scontro, seguì una lunga pausa, per il grande caldo di luglio e anche perché molti spagnoli e loro alleati erano stati colpiti dalla malaria (fiebre pestilencial).
Il re Martino il Giovane rientrò quindi a Cagliari.


Curiosità:

Sul giornale L’Unione Sarda del 3 Luglio u.s. è uscito un servizio da Sanluri, sulla rievocazione storica della famosa battaglia, che riportava in ventimila i sardi morti. Un numero molto lontano dalla realtà.
Il prof. F. C. Casula ritiene già sproporzionato il numero di quattromila morti riportato dallo storico aragonese Zurita, che scriveva nel 1500.
Tutti gli storici, che hanno trattato l’argomento, si rifanno alla versione Zurita; qualche centinaio in più o in meno.
L’esercito di Guglielmo, compresi gli alleati, forse, non superava le ventimila unità.

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