sabato 3 dicembre 2011

Antichi mestieri: "Su Moentrazzu"

A Riola, nei primi decenni del secolo scorso e fino agli anni quaranta, gli addetti all’agricoltura erano in maggioranza, seguivano gli allevatori di ovicaprini (pecore e capre), di bovini (buoi e vacche), a seguire i pescatori e gli artigiani. Ma tutti erano, di necessità, allevatori di asini.
Allora, questi animali venivano allevati dalla quasi totalità delle famiglie che li utilizzava per fare girare la macina del grano. 

foto d'epoca: asinello che gira la macina (*)

Riola, trovandosi in pianura, non disponeva di torrenti come i paesi di montagna, dove le macine del grano venivano mosse dall’acqua corrente.
Non era ancora arrivata l’energia elettrica, per cui le famiglie erano costrette a manovrare a mano la macina, i poverissimi, oppure ad allevare un asino, tutti gli altri. Il molino elettrico non era ancora entrato in funzione, per cui si faceva tutto in casa: la farina e il pane. 
Il grano, il cereale alimentare più diffuso, veniva prodotto a Riola in grande quantità e costituiva anche la provvista più importante, assieme all’olio d’oliva che veniva conservato in grosse anfore di terracotta chiamate zìrusu.
Gli altri componenti importanti delle provviste della famiglia erano la carne di maiale e il lardo (entrambi salati), i salumi vari, gli animali allevati in cortile e il vino, tenuto in cantina. 
Il grano, come provvista alimentare, veniva conservato dentro un cilindro fatto da un intreccio di canne,s’òrriu”, alto circa due metri per poterlo riempire con facilità dall’alto, con il fondo (costituito sempre da un intreccio di canne) sorretto da una tavola e sopraelevato dal pavimento. S’òrriu aveva una finestrella alla base, all’altezza del fondo, che serviva per prelevare il grano occorrente per preparare la farina per l’intera settimana. 
Per produrre la farina si ricorreva al lavoro dell’asino, che, legato ad un palo al centro di una stanza, doveva far girare la macina di pietra.
Quindi, l’asino svolgeva il suo lavoro - percorso circolare lungo e noioso - sempre di giorno, sotto il controllo costante di qualcuno che doveva riempire continuamente di grano la macina, man mano che procedeva la macinazione; non solo, ma questi doveva anche dare da mangiare e bere all’asino. 
Di sera la bestia veniva portata al pascolo e la maggioranza sopravviveva mangiando quasi sempre l’erba gratuita delle paludi comunali. 

Tziu Arramundu Neri - l'ultimo moentrazzu riolese

Poiché gli asini erano tanti venne istituito il servizio, a pagamento, di prelevamento e accompagnamento degli asini (i moèntisi)  nelle paludi. Il preposto si chiamava Su moentrazzu
L’ultimo moentrazzu è stato un certo Arramundu Neri (Raimondo Neri).
Tziu Neri, prima del tramonto, passava di via in via suonando un corno per avvisare i proprietari degli asini, prelevava gli animali e, formata una specie di grande mandria, li conduceva nelle vicine paludi. 
Il giorno dopo, all’alba, prelevava gli asini e li riportava in paese, distribuendoli, via per via, ai proprietari. 
Un giorno arrivò a Riola l’energia elettrica, venne impiantato un molino meccanico e Tziu Neri si trovò senza lavoro. Forse ottenne la liquidazione (la sua buonuscita) con qualche asino, perché ne possedete uno fino alla fine dei suoi giorni.

(*) Foto d'epoca: Toni Schneider, 1956, Oliena Interno Domestico


Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati

Editing G. Linzas

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