martedì 22 aprile 2025

Riola nell'opera "Itineraire del l'Ile de Sardaigne" di Alberto Ferrero Della Marmora



Alberto Ferrero, conte Della Marmora, durante i suoi lunghi soggiorni in Sardegna visitò anche Riola. L’esplorazione di questa zona avvenne seguendo gli interessi naturalistici, archeologici e antropologici dell’autore delle famose opere "Voyage en Sardaigne" e "Itinéraire de l’Ile de Sardaigne".
Così egli descrisse la finalità dei suoi scritti: «Possa l’opera mia presentar la Sardegna sotto il suo vero aspetto e richiamare per un istante l’attenzione degli uomini di Stato e dei dotti su questa contrada, che merita indubbiamente d’esser conosciuta da una gran parte dell’Europa meglio che non sia stata fino ad oggi».

Alberto Ferrero, conte Della Marmora, nacque a Torino il 7 Aprile 1979. A 17 anni entrò a far parte della Scuola Imperiale Militare di Fontainebleu, dove apprese i primi elementi di geologia, di geodesia e di storia naturale. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1814 entrò a far parte dell'esercito piemontese e divenne prima Commissario per la Sardegna, e in seguito Comandante generale. Le sue conoscenze e i suoi continui viaggi in Sardegna gli permisero di studiare l’isola da un punto di vista naturalistico, abbinando alle sue osservazioni alcuni spunti sul popolamento umano delle zone visitate.
Durante i suoi lunghi soggiorni in Sardegna il La Marmora elaborò un'interessante carta dell'isola alla scala 1: 250.000 (pubblicata nel 1845); isola che studiò a fondo nei suoi vari aspetti, consegnando i risultati delle sue osservazioni nel Viaggio in Sardegna dal 1819 al 1825, o Descrizione statistica, fisica e politica di questa isola (1826) e Itinerari dell'isola di Sardegna (1860), ambedue in francese.
La Sardegna deve molte delle sue conoscenze al Generale Alberto Ferrero La Marmora. Le sue opere sono ancora pietre miliari per gli studi archeologici, geologici, etnografici, faunistici, botanici, artistici e ambientali della Sardegna. Egli fu uno dei grandi esploratori del secolo scorso che attraversò in largo e in lungo l’Isola studiandola in ogni suo aspetto e soprattutto amandola come e forse più degli stessi sardi.


Itinerario dell’isola di Sardegna - Riola

“Partendo da Oristano, dopo aver oltrepassato la chiesa di Nostra Signora del Rimedio, se anziché proseguire per la strada grande si prende quella di Riola, non si tarderà a lasciare da un lato Solanas, di cui si vede spuntare il campanile sopra gli ulivi che nascondono la visuale del paese e ben presto si arriverà a Nurachi, circondato da paludi pestilenziali che, soprattutto d'estate e in autunno, esalano un odore insopportabile. La palude più vasta è fonte di terrore; si sentono provenire dal suo interno, la notte, terribili muggiti che spaventano gli uomini e gli animali che si aggirano nei paraggi. Si crede che in questo luogo esista un passaggio di comunicazione con l'inferno e che il rumore sia prodotto dai demoni che entrano ed escono dalla dimora infernale per celebrare il sabba. Si tratta molto banalmente del tarabuso, un uccello che vive tra i canneti degli stagni, conosciuto in Sardegna col nome di boi feraniu, somigliante quello di bos taurus da cui deriva il francese butor, il grande naturalista Buffon paragona il suo verso al muggito di un toro, quasi boatus tauri. In paese si sostiene che il grido si senta fino a Oristano, cioè a otto chilometri di distanza; ciò corrisponde a quanto afferma il naturalista francese a proposito del grido del tarabuso (Ardea stellaris L.), una specie di muggito ripetuto dall'uccello cinque o sei volte di seguito in primavera, quando lo si sente fino a un mezzo miglio di distanza. In queste paludi e stagni proliferano d'estate e in autunno le zanzare; avendo chiesto al bravo parroco del posto, che si era offerto il lusso di una zanzariera, come facesse la gente del paese a vivere e dormire con un tormento simile, egli mi rispose che il rimedio generalmente più usato dai suoi parrocchiani contro le punture di quei temibili insetti era cercare di procurarsi un sonno pesante, bevendo tanta vernaccia, un vino bianco molto alcolico che abbonda nella regione. Io penso però che le donne e i bambini, che per forza di cose non possono ricorrere a questo antidoto, debbano avere la pelle "conciata" e che a furia di punture il loro corpo finisca per diventare insensibile al pungiglione dell'insetto.
Il territorio di Nurachi è paludoso perché è difficile che le acque riescano a riversarsi nel grande stagno di Mare Pontis.
A riguardo si è svolto un interminabile processo tra gli abitanti del paese e il proprietario dello stagno; di conseguenza la manutenzione dei canali destinati al deflusso delle acque è stata trascurata per lungo tempo e il luogo è diventato sempre più paludoso e pestilenziale.

[…]
Da Nurachi non si tarda ad arrivare al paese di Riola, che si attraversa in tutta la lunghezza per raggiungere il ponte, di grande antichità.
Esso si compone di diverse arcate, i cui pilastri poggiano più sullo stagno che sul rio di Tramatza, che ne alimenta le acque. Pertanto, il lago salato di Cabras o di Mare Pontis, nella sua estremità settentrionale vicina a Riola, si trasforma in uno stagno d'acqua dolce; ciò non impedisce al paese di trovarsi in condizioni ancora peggiori di Nurachi e di Cabras quanto a zanzare e febbri, a meno che non vi si sia nati. Si crede che le due calamità siano essenzialmente dovute alla stessa causa cioè alla mescolanza delle acque dolci con le salate. Da entrambe le parti del ponte ci sono canneti e giuncheti o specchi d'acqua stagnante che pullulano di uccelli di palude; si nota soprattutto una moltitudine di gallinelle d'acqua sopra le quali volteggiano gridando e tuffandosi senza sosta centinaia di rondini di mare; tutti questi uccelli, con i loro versi differenti, finiscono per produrre un singolare baccano.
Il ponte non misura meno di 150 metri di lunghezza, ma è in cattivo stato. Non dimenticherò mai d'aver visto molte volte, alla sua imboccatura, un patibolo in muratura corredato spesso di teste umane, sotto il quale si era costretti a passare, fortunatamente, questo orrendo spettacolo è cessato circa una ventina d'anni fa e il viaggiatore che debba servirsi del ponte non rischia più di subire, né in questo luogo, né nel resto dell'Isola, la vista di tristi trofei da giustizia medioevale.
Attraversato il ponte ci si trova in una pianura delimitata, in lontananza, dalle pendici orientali del Montiferru e ad ovest dal mare. Guardando in direzione di quest'ultimo, a una certa distanza dalla strada si vede capo Mannu, con le due torri ora abbandonate; ancora più lontano, un po' più a sud si distingue nettamente un'isola molto bassa che misura poco più di un miglio di lunghezza e al massimo mezzo di larghezza. Dista circa quattro miglia marine dalla costa e divide con altri due isolotti della costa occidentale la singolarità d'avere un nome perlomeno ridicolo. Infatti, la si chiama "di Mal di Ventre"; un altro vicino isolotto è detto "Coscia di Donna" e quello più a nord, non lontano da capo Mannu, è "il Peloso". I navigatori che imposero nomi simili non hanno evidentemente dato prova di buon gusto.

[…]
L'isola di Mal di Ventre è ricoperta di lentischi e cisti. Del tutto disabitata, serve solo saltuariamente da rifugio ai pescatori; per contro, è popolata da conigli selvatici, i cui manto a colori maculati, bianco e nero, tradisce un'origine domestica o, per meglio dire, il fatto di discendere da esemplari addomesticati. Durante la stagione della cova, l'isola ospita inoltre gabbiani, gabbianelli, cormorani e procellarie che vi si recano per deporre le uova, di cui si riscontra allora un'abbondanza tale, che ho visto caricarne, per così dire, intere barche da pesca.
Non dimenticherò mai la notte che ho passato su quest’isolotto e che mi è sembrata davvero lunga; mi fu impossibile infatti chiudere occhio, sia per il baccano spaventoso (un vero sabba) che non smisero di fare, attorno a me, centinaia di uccelli che gridavano, inquietati dalla presenza di un bipede di un'altra specie, sia - ciò che è peggio - per le punture di uno sciame di zanzare e simili, cospiranti in gara con gli uccelli contro il mio sonno; ci riuscirono a meraviglia.”


Testo e foto tratti dal post facebook della Biblioteca Comunale di Riola Sardo del 08-05-2024, redatto a cura di  Sara Angius (Responsabile del Servizio Biblioteca).

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