domenica 11 maggio 2025

FESTA DI SANTA CORONA 2025

 



L’Associazione Culturale Sancta Corona de Rivora organizza, per il secondo anno consecutivo, i festeggiamenti in onore di Santa Corona Martire che si svolgeranno mercoledì 14 e sabato 17 maggio.
La ripresa di questa festa - decaduta intorno alla metà del secolo scorso - è frutto dell’impegno e del lavoro di ricerca dell’Associazione che hanno consentito di riscoprire l’antica statua di Santa Corona e di ravvivare un culto mai sopito nella comunità riolese.
Il programma dei festeggiamenti prevede le celebrazioni religiose per mercoledì 14 maggio, con processione e messa che si svolgerà nell’area dell’antica Chiesa medioevale di Santa Corona.
La processione partirà dalla Chiesa di San Martino alle ore 17.30 e sarà accompagnata dai canti sacri tradizionali dedicati alla Santa (is còzusu). Al termine della messa seguirà un rinfresco pubblico nel salone parrocchiale.
I festeggiamenti civili, invece, avranno luogo sabato 17 maggio nella via Montessori e nel tratto finale di via Sant’Anna a partire dalle ore 19.00.
In particolare, è previsto un saggio di ballo sardo e, dalle ore 20.00, la degustazione di piatti della tradizione riolese, per poi proseguire con un intrattenimento musicale e balli sardi.


PROGRAMMA

14 Maggio - Festeggiamenti Religiosi

- ore 17.30   Processione con partenza dalla Chiesa di San Martino;
- ore 18.00   Celebrazione Santa Messa in onore di Santa Corona Martire - area pertinente chiesa di Santa Corona;
- Al termine della messa: rientro in parrocchia e rinfresco presso il Salone Parrocchiale.

17 Maggio - Festeggiamenti Civili

- ore 19.00   Saggio di ballo Sardo - a cura dell'Associazione Cult. Sancta Corona de Rivora - via Montessori, angolo via S. Anna;
- ore 20.00   Degustazione piatti della tradizione riolese - via Montessori.
 - Intrattenimento musicale


martedì 22 aprile 2025

Riola nell'opera "Itineraire del l'Ile de Sardaigne" di Alberto Ferrero Della Marmora



Alberto Ferrero, conte Della Marmora, nel corso dei suoi lunghi soggiorni in Sardegna visitò anche Riola. L’esplorazione di questo territorio si inserì nel quadro dei suoi interessi naturalistici, archeologici e antropologici, che caratterizzano le famose opere "Voyage en Sardaigne" e "Itinéraire de l’Ile de Sardaigne".
Egli stesso chiarì la finalità dei suoi scritti: «Possa l’opera mia presentar la Sardegna sotto il suo vero aspetto e richiamare per un istante l’attenzione degli uomini di Stato e dei dotti su questa contrada, che merita indubbiamente d’esser conosciuta da una gran parte dell’Europa meglio che non sia stata fino ad oggi».

Alberto Ferrero, conte Della Marmora, nacque a Torino il 7 Aprile 1979. A 17 anni entrò a far parte della Scuola Imperiale Militare di Fontainebleu, dove apprese i primi elementi di geologia, di geodesia e di storia naturale. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1814 entrò a far parte dell'esercito piemontese e divenne prima Commissario per la Sardegna, e in seguito Comandante generale. Le sue conoscenze e i suoi continui viaggi in Sardegna gli permisero di studiare l’isola da un punto di vista naturalistico, abbinando alle sue osservazioni alcuni spunti sul popolamento umano delle zone visitate.
Durante i suoi lunghi soggiorni in Sardegna il La Marmora elaborò un'interessante carta dell'isola alla scala 1: 250.000 (pubblicata nel 1845); isola che studiò a fondo nei suoi vari aspetti, consegnando i risultati delle sue osservazioni nel Viaggio in Sardegna dal 1819 al 1825, o Descrizione statistica, fisica e politica di questa isola (1826) e Itinerari dell'isola di Sardegna (1860), ambedue in francese.
La Sardegna deve molte delle sue conoscenze al Generale Alberto Ferrero La Marmora. Le sue opere sono ancora pietre miliari per gli studi archeologici, geologici, etnografici, faunistici, botanici, artistici e ambientali della Sardegna. Egli fu uno dei grandi esploratori del secolo scorso che attraversò in largo e in lungo l’Isola studiandola in ogni suo aspetto e soprattutto amandola come e forse più degli stessi sardi.


Itinerario dell’isola di Sardegna - Riola

“Partendo da Oristano, dopo aver oltrepassato la chiesa di Nostra Signora del Rimedio, se anziché proseguire per la strada grande si prende quella di Riola, non si tarderà a lasciare da un lato Solanas, di cui si vede spuntare il campanile sopra gli ulivi che nascondono la visuale del paese e ben presto si arriverà a Nurachi, circondato da paludi pestilenziali che, soprattutto d'estate e in autunno, esalano un odore insopportabile. La palude più vasta è fonte di terrore; si sentono provenire dal suo interno, la notte, terribili muggiti che spaventano gli uomini e gli animali che si aggirano nei paraggi. Si crede che in questo luogo esista un passaggio di comunicazione con l'inferno e che il rumore sia prodotto dai demoni che entrano ed escono dalla dimora infernale per celebrare il sabba. Si tratta molto banalmente del tarabuso, un uccello che vive tra i canneti degli stagni, conosciuto in Sardegna col nome di boi feraniu, somigliante quello di bos taurus da cui deriva il francese butor, il grande naturalista Buffon paragona il suo verso al muggito di un toro, quasi boatus tauri. In paese si sostiene che il grido si senta fino a Oristano, cioè a otto chilometri di distanza; ciò corrisponde a quanto afferma il naturalista francese a proposito del grido del tarabuso (Ardea stellaris L.), una specie di muggito ripetuto dall'uccello cinque o sei volte di seguito in primavera, quando lo si sente fino a un mezzo miglio di distanza. In queste paludi e stagni proliferano d'estate e in autunno le zanzare; avendo chiesto al bravo parroco del posto, che si era offerto il lusso di una zanzariera, come facesse la gente del paese a vivere e dormire con un tormento simile, egli mi rispose che il rimedio generalmente più usato dai suoi parrocchiani contro le punture di quei temibili insetti era cercare di procurarsi un sonno pesante, bevendo tanta vernaccia, un vino bianco molto alcolico che abbonda nella regione. Io penso però che le donne e i bambini, che per forza di cose non possono ricorrere a questo antidoto, debbano avere la pelle "conciata" e che a furia di punture il loro corpo finisca per diventare insensibile al pungiglione dell'insetto.
Il territorio di Nurachi è paludoso perché è difficile che le acque riescano a riversarsi nel grande stagno di Mare Pontis.
A riguardo si è svolto un interminabile processo tra gli abitanti del paese e il proprietario dello stagno; di conseguenza la manutenzione dei canali destinati al deflusso delle acque è stata trascurata per lungo tempo e il luogo è diventato sempre più paludoso e pestilenziale.

[…]
Da Nurachi non si tarda ad arrivare al paese di Riola, che si attraversa in tutta la lunghezza per raggiungere il ponte, di grande antichità.
Esso si compone di diverse arcate, i cui pilastri poggiano più sullo stagno che sul rio di Tramatza, che ne alimenta le acque. Pertanto, il lago salato di Cabras o di Mare Pontis, nella sua estremità settentrionale vicina a Riola, si trasforma in uno stagno d'acqua dolce; ciò non impedisce al paese di trovarsi in condizioni ancora peggiori di Nurachi e di Cabras quanto a zanzare e febbri, a meno che non vi si sia nati. Si crede che le due calamità siano essenzialmente dovute alla stessa causa cioè alla mescolanza delle acque dolci con le salate. Da entrambe le parti del ponte ci sono canneti e giuncheti o specchi d'acqua stagnante che pullulano di uccelli di palude; si nota soprattutto una moltitudine di gallinelle d'acqua sopra le quali volteggiano gridando e tuffandosi senza sosta centinaia di rondini di mare; tutti questi uccelli, con i loro versi differenti, finiscono per produrre un singolare baccano.
Il ponte non misura meno di 150 metri di lunghezza, ma è in cattivo stato. Non dimenticherò mai d'aver visto molte volte, alla sua imboccatura, un patibolo in muratura corredato spesso di teste umane, sotto il quale si era costretti a passare, fortunatamente, questo orrendo spettacolo è cessato circa una ventina d'anni fa e il viaggiatore che debba servirsi del ponte non rischia più di subire, né in questo luogo, né nel resto dell'Isola, la vista di tristi trofei da giustizia medioevale.
Attraversato il ponte ci si trova in una pianura delimitata, in lontananza, dalle pendici orientali del Montiferru e ad ovest dal mare. Guardando in direzione di quest'ultimo, a una certa distanza dalla strada si vede capo Mannu, con le due torri ora abbandonate; ancora più lontano, un po' più a sud si distingue nettamente un'isola molto bassa che misura poco più di un miglio di lunghezza e al massimo mezzo di larghezza. Dista circa quattro miglia marine dalla costa e divide con altri due isolotti della costa occidentale la singolarità d'avere un nome perlomeno ridicolo. Infatti, la si chiama "di Mal di Ventre"; un altro vicino isolotto è detto "Coscia di Donna" e quello più a nord, non lontano da capo Mannu, è "il Peloso". I navigatori che imposero nomi simili non hanno evidentemente dato prova di buon gusto.

[…]
L'isola di Mal di Ventre è ricoperta di lentischi e cisti. Del tutto disabitata, serve solo saltuariamente da rifugio ai pescatori; per contro, è popolata da conigli selvatici, i cui manto a colori maculati, bianco e nero, tradisce un'origine domestica o, per meglio dire, il fatto di discendere da esemplari addomesticati. Durante la stagione della cova, l'isola ospita inoltre gabbiani, gabbianelli, cormorani e procellarie che vi si recano per deporre le uova, di cui si riscontra allora un'abbondanza tale, che ho visto caricarne, per così dire, intere barche da pesca.
Non dimenticherò mai la notte che ho passato su quest’isolotto e che mi è sembrata davvero lunga; mi fu impossibile infatti chiudere occhio, sia per il baccano spaventoso (un vero sabba) che non smisero di fare, attorno a me, centinaia di uccelli che gridavano, inquietati dalla presenza di un bipede di un'altra specie, sia - ciò che è peggio - per le punture di uno sciame di zanzare e simili, cospiranti in gara con gli uccelli contro il mio sonno; ci riuscirono a meraviglia.”


Testo e foto tratti dal post facebook della Biblioteca Comunale di Riola Sardo del 08-05-2024, redatto a cura di  Sara Angius (Responsabile del Servizio Biblioteca).

giovedì 16 maggio 2024

Sacralità e tradizione a Riola: Riprendono vita i festeggiamenti in onore di Santa Corona

 


Sabato 18 maggio, per la prima volta dopo lungo tempo, riprenderanno vita i festeggiamenti  in onore di Santa Corona.

L’iniziativa è stata  proposta dalla nuova Associazione Culturale Sancta Corona de Rivora a seguito della “riscoperta” dell’antica statua della Santa risalente al XVI°-XVII° secolo, della quale si era un po’ persa la memoria.

L’Associazione, in particolare, nel corso degli ultimi mesi, grazie anche alla collaborazione di Don Enrico Perlato,  ha svolto un lavoro di ricerca che ha riguardato l’esame di vecchi documenti della chiesa e  la raccolta di testimonianze dirette.  Da tali ricerche è emerso che i festeggiamenti in onore della Santa si sono svolti con regolarità almeno fino alla fine degli anni ’30 del secolo scorso per poi decadere gradualmente nel corso degli anni ‘40.

Il culto di  Santa Corona a Riola, unico in Sardegna,  è peraltro attestato fin dal XII° secolo, quando fu edificata la Chiesa di Sancta Corona de Rivora che è stata al centro della vita religiosa e civile della comunità riolese per lunghi secoli.

Il programma dei festeggiamenti, per questo primo anno, è limitato alle celebrazioni religiose, con processione e messa che si svolgerà nell’area di pertinenza dell’antica Chiesa di Santa Corona. 

La processione partirà dalla Chiesa di San Martino alle ore 17.30  e sarà accompagnata  dai canti sacri dedicati alla Santa (is còzusu). Al termine della messa seguirà un rinfresco pubblico nel salone parrocchiale.

L’Associazione auspica di poter dare continuità  ai festeggiamenti anche nei prossimi anni, coinvolgendo tutta la comunità e  ridando lustro ad una tradizione storica e religiosa senz'altro importante per il paese.


g.l.


martedì 9 maggio 2023

Riola: Cartografia dell’ ‘800 - i confini territoriali; le paludi (2ª parte)


Il territorio di Riola


1 . Foglio Unione territorio di riola (1883-84)

2. Mappa d'insieme dei territori dei Comuni di Riola e San Vero Milis (1856)

Il territorio  del comune di Riola è rappresentato nella sua interezza  nel Foglio di Unione in scala 1:25.000,  che riunisce le sezioni identificate con le ventiquattro lettere dell’alfabeto Le suddette mappe, risalenti al 1883-84, recano tutte la firma del Geometra Antonio Costa,  curatore ed estensore delle stesse. 

Nel sito internet dell’Archivio di Stato è inoltre pubblicata una ulteriore mappa d’insieme dei territori dei Comuni di Riola e di San Vero Milis, redatta nel 1856, dunque antecedente di circa trenta anni, che riporta la seguente intitolazione: “Tipo geometrico dei territori di San Vero Milis e Riola alla scala di 1 al 50.000 colle proposte pell’aggregazione del salto staccato del Sinis di S.V. Milis al rimanente territorio dello stesso Comune”, a firma dell’Ispettore del Censimento Prediale Santini.

Quest’ultima mappa sembra fissare in via definitiva i confini amministrativi dei due comuni, che risultano sostanzialmente invariati rispetto a quelli indicati dalle mappe successive e a quelli tuttora vigenti. Se ne deduce, pertanto, che le vertenze territoriali protrattesi nei secoli precedenti con i comuni limitrofi - in primo luogo San Vero Milis e Seneghe - fossero già considerate superate alla metà del XIX secolo.

Dalla veduta d’insieme, il territorio di Riola assume una forma che richiama quella di una chiocciola, con un "collo" allungato verso ovest in direzione di Su Cuccuru Mannu, dove  si affaccia per un breve tratto sul Mar di Sardegna, da Punta S’Incodina a Roia Su Cantaru. Entro i confini Comunali è compresa una porzione dello Stagno di Cabras.

I principali riferimenti per l’individuazione e la rilevazione delle linee di confine sono costituiti da nuraghi o altri elementi facilmente riconoscibili, naturali o artificiali, quali strade, rilievi collinari, terreni privati o vigne, corsi d’acqua e paludi.

In particolare, i punti che all'epoca fissavano i confini amministrativi del Comune di Riola rilevati e riportati in modo analitico nelle mappe, sono i seguenti:

- ad ovest, a delimitare il corridoio che si protende in direzione di Su Cuccuru Mannu:
Nuraghe S’Imbuccada, Roccia Su Cantaru, Nuraghe Biancu, Narboni Licheri, Monte Su Spigacciu, Monte Palma, Nuraghe Benatzu Su Moru (o Nuraghe Conca Su Moru). All'interno di quest'area figurano le terre comunali, delimitate dai punti Sa Pauledda de Chiccu, Su Nuracheddu, Terreni Franco Daga e Palude Bidda Majori;

- a nord-ovest e a nord:
Terra Giacinto Pinna, Nuraghe Matta Sterri, Pauli Segadroxias e Pauli Pearba, Cuccuru Bastonariu, Guardia Manna de Pischin’e Predi, Strada de Is Ariscas, S’ungroni de Predi Madau e Riu Zuaddias;

- a nord-est:
Cuccuru Perda Niedda, Sa Mistra S'Onna (come riportato nella mappa; Mistra S'Ommu in riolese), Cojau, Fontana S. Leonardo, Rndo Lutzu Obinu;

- a est e a sud-est:
Su Cannisoni, Gecca Luigi Sini, Ortalizie Rndo Santu, chiuso Salvatore Perra, Terre Fratelli Lucche, Gecca Giacinto Fanari, Vigna Sacerdote Orrù, Vigna Meloni, Terre Antonio Zoccheddu, Chiuso M. Podda, Gecca eredi Cadeddu, Vigna Salvatore Caria, Serra Pezza, Cuccuru Su Tuffu, Pauli Sa Spertura, Chiuso Rndo Orrù, Su Forti (gran masso in muratura), Pauli Lorissa, Angolo del chiuso di Giovanni Boi, Chiuso Giovanni Pili, Paul'e Idda;

- a sud:
Chiuso Parrocchia di Nurachi (sulla strada Nurachi-Baratili), Vigna Marongiu, Vigna Giovanni Bellu, Vigna Michele Sias, Cammino Is Ollaius, Vigna Sebastiano Caria, Porta Trigu, Terreni Scolopi;

- a sud ovest, lungo il lato occidentale dello Stagno di Cabras:
Perda Su Meriagu Mannu, Nuraghe Ziricottu, Monte Palmas.

Lungo le linee di confine la mappa riporta inoltre numerosi triangolini rossi, che presumibilmente indicano la presenza di massi o grandi pietre, noti come pèdrasa de làcana, collocati all’epoca per segnare con precisione i  diversi punti di delimitazione territoriale.

("pedra de làcana" ancora esistente nelle campagne tra Riola e Nurachi)

Le paludi (1)

Una delle caratteristiche più evidenti del territorio riolese è  la presenza di numerose paludi, che un tempo ricoprivano non soltanto le aree prossime al corso del fiume e allo Stagno di Cabras, ma si estendevano anche su vaste porzioni del territorio comunale, distanti diversi chilometri dal  centro abitato. Quasi tutte erano  classificate come “demaniali”. 

Queste paludi costituirono storicamente una naturale difesa contro le incursioni dei pirati barbareschi che infestarono il Mediterraneo dal XVI° secolo fino all'inizio del XIX° (le invasioni arabe in Sardegna, come nel resto del  Mediterraneo, si erano peraltro già verificate alla  fine del primo millennio).  Al tempo stesso, esse rappresentarono un grave problema sanitario, in particolare per la diffusione della malaria. 

Molte di queste aree paludose sono tuttora presenti;  altre, invece, sono state bonificate a partire dalla metà del Novecento e trasformate in terreni coltivabili.  


Paludi di maggiori dimensioni:

Mappa Sa Paui Manna, Paul'e Mistara e Su Spainteddu

Sa Pauli Manna: situata in prossimità del paese, sulla sponda destra del fiume, si estendeva dal ponte in direzione di San Vero Milis, occupando un'area molto vasta. A seguito della sua bonifica, realizzata nella seconda metà del secolo scorso, una parte consistente dei terreni fu affidata in conduzione all’azienda Marcoli per diversi decenni; attualmente tali aree sono nuovamente in capo al Comune;

Paul’e Mistara e Su Spainteddu: paludi localizzate sulla sponda sinistra del fiume, dunque in immediata prossimità del centro abitato, si estendevano in direzione Baratili congiungendosi alla palude Santa Barbara. Esse occupavano sostanzialmente l'intera area che oggi comprende il campo sportivo, il parco sul lungo fiume, gli orti urbani e la parte bassa cimitero.


Mappa Pauli Su Pranu Arredei, Pauli Sa Cozzighina, Pauli Leporinus, ecc.

Pauli Su Pranu Arredei (o Arridei): (2)  identificata nelle fonti più recenti come località Parradei, fu oggetto di bonifica;  gran parte dei terreni così recuperati è in affitto/concessione alla Cooperativa Quattro Mori fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso.


Paludi tra Riola, Baratili e Nurachi  

Paul’e Coni: bonificata; 

Pauli Sa Spertura: bonificata; si estendeva parzialmente nel territorio del Comune Baratili; 

Paul’e Idda: bonificata; ricadeva in parte nel territorio del Comune di Nurachi; 

Pauli Santa Barbarabonificata, situata quasi interamente nel territorio di Baratili; 

Pauli Mare Foghe:  palude che ha dato il nome al tratto terminale del  fiume di Riola; ricadeva nei territori di Baratili, San Vero Milis e Zeddiani. Il fiume di Riola è identificato come Rio Mannu, o canale di Rio Mar'e Foghe; in passato, dai riolesi, era comunemente chiamato "S'Indorau".


Paludi  a margine del lato sinistro del fiume, tra Riola e Cabras

Mappa Paul'e Fenu

Paul’e Fenu: bonificata; occupava un'area adiacente al fiume, estesa quasi fino allo sbocco nello stagno. La località è tuttora denominata Palavenu;


Paludi sul lato destro del fiume, dal ponte verso lo sbocco sullo stagno di Cabras e in prossimità dello Stagno Pischeretta (che costituisce parte dello stagno di Cabras)


Pischina Canis;
Pauli Sa Rivera;
Pauli Lutroxiu e Prunas;
Pauli Su Stani Mannu;
Pauli Brazzu Orrù;
Pauli Su Ludosu;

Nelle mappe non viene indicata la palude Pauli Rasu o Arrasu (Parrasu), che occupava il tratto  iniziale della sponda destra del fiume dal ponte in direzione ovest. 


Paludi  a margine o in prossimità della sponda ovest, nord-ovest dello stagno di Cabras

Mappa Pauli Trottas, S'omu 'e su cuaddu, Su Pischigeddu, Su Nassargiu, Cuccuru e Casas, ecc. 
(la mappa presenta una curiosità: al centro della palude Pauli Trottas è raffigurato una sorta di ragno o insetto)


Mappa Pauli Cannali Annadis, Corru Milis Manna, ecc.


Pauli Corru Mileddu; 
Pauli Corru Milis Manna
Pischin’Arranas
Pauli Cannali AnadisMortoriu S’Ebba
Pauli su Nassargiu (attualmente stagno Paui ‘e Istai); 
Pauli Cuccuru e Casas;  Pauli Oru Simbula
Pauli Su Pischigheddu
Pauli S’omu Su Cuaddu
Stagno Pauli Trottas
Pauli Ziricottu  (bonificata); 
Pauli Bacchile bertula (bonificata); 
Pauli Francisca Perra (bonificata);

Altre paludi nel Sinis di Riola

Mappa Pauli S'Untruxiu, Orgoleddu, Benatzu Su Moru, Civas, ecc. 

Pauli S’Untruxiu o S'Antruxiu (bonificata; S'Antruzu in riolese)

Pauli Sa Segadroxia (bonificata; Segadroza in riolese); 

Pauli Benatzu Su Moru (parzialmente bonificata); 

Pauli Bidda Majori: ancora esistente in prossimità di Sal'e Porcus; ricadente parzialmente in territorio di San Vero Milis; 

Pauli de Civas; Pauli Orgoleddu: bonificata; 

Pauli Funtana Nuova: bonificata; 

Pauli de Su Gureu o de S’Ureu: bonificata; 

Pauli Leporinus: bonificata; 

Pauli Sa Cozzighina: bonificata; 

Pauli Pearba: bonificata; ricade solo parzialmente in territorio  Riola e per la quota maggiore in territorio di San Vero Milis.


Alcune  paludi e  stagni oggi (foto)

Pauli Civas

Pauli Trottas

Pauli Istai (o Pauli Su Nassargiu)

Pauli Istai 


post a cura di Gilberto Linzas


Note

(1) Dal libro “Zenti Arrioresa” di Claudio A. Zoncu pubblicato nel 2001, abbiamo notizie sulle attività agricole che interessavano alcune zone palustri più vicine al paese fino alla prima metà del secolo scorso:  

“Nel periodo primaverile, durante il prosciugamento delle paludi che attorniavano il paese (“Pala Fenu”, “Pala Rasu”, “Pala Coni”, “Sa Roia”, “Santrabara” e “Sa Paui Manna”, i riolesi seminavano legumi e ortaggi, ottenendo copiosi raccolti. Era famoso tra i paesi del circondario un tipo di fagiolo molto coltivato dai riolesi: “su pisu ‘e cara”, conosciuto ne paesi vicini anche con il nome di “su pisu biancu de Arriora”, preferito alle altre qualità per via “de sa bona cottura”.


(2)  Notizie storiche e annotazioni riguardanti le paludi di Pranu Arrideli e Sa Cozzighina,  tratte dal libro “Fatti e misfatti di Riola” di Giovanni Piras, pubblicato nel 2010:

“Chi si attarda oggi ad osservare quell’immensa palude di un tempo chiamata Pranu Arrideli, resta ammirato, direi sconcertato, dall’immenso cambiamento che in tal posto è stato fatto in seguito ai lavori di bonifica effettuati sullo stagno paludoso di Benettudi dai fratelli Carta, proprietari; col convogliamento verso Is Benas delle acque ivi stagnanti, che prima riversavano su Pranu Arrideli ed in seguito sulla palude de Sa  Cuzzighina, fino a raggiungere il Rio Mannu e il contiguo stagno di Cabras. Sapere che nel 1836 tanto Su Parradei che Sa Cuzzighina furono oggetto di contesa col marchese D’Arcais, che voleva impossessarsene quale feudatario, contesa che si risolse a beneficio del Comune perché il sindaco di allora vi si oppose, ritenendo che trattandosi di paludi non coltivabili e solo adibibili a pascolo  per alcuni mesi all’anno non potevano essere oggetto di chiudenda, quindi erano e dovevano restare proprietà del Comune."

[...]

"La trasformazione fondiaria, le coltivazioni operate, il progresso che, se da un lato hanno dato la possibilità di rendere produttiva una si vasta area di terreno, ne ha modificato l’habitat,  e laddove migliaia di uccelli selvatici prosperavano tranquilli e facevano i loro nidi, rendendo l’ambiente una specie di zoo avicolo a cielo aperto, ora vi pascolano centinaia di pecore, di capre, di maiali, vacche e vitelli e vi si producono patate, legumi e granaglie di ogni sorta, sicché non è possibile pensare neppure lontanamente com'era al tempo dell’infanzia dello scrivente, quando appena ragazzino di dieci, undici anni, nel periodo dell’aratura e della seminagione, andava quasi tutte le notti a portare il cavallo al pascolo e poiché era lontano dal paese, dormiva là, sul margine di qualche fossato, sopra una bisaccia stesa per terra..."

[...]

"Ora, laddove le folaghe, le anitre, le quaglie, le galline selvatiche, le pavoncelle (su ziriziri) e nei cui bordi abbondavano le allodole, le cinciallegre e tanti altri tipi di selvaggina, compresi lepri e conigli, si vedono le pecore, le capre, le vacche, i tacchini e le galline, i maiali, tutti animali d’allevamento, coltivazioni di granaglie di ogni sorta, che danno la sensazione del progresso, ma che lasciano nel cuore di chi ha visto prima quei luoghi quel senso di rammarico e di amarezza come di chi prova la scomparsa di un bene perduto per sempre e che mai più potrà ritornare."


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Riola: Cartografia dell' '800 - le vie storiche e Santa Corona (1ª parte)

Toponimi del territorio di Riola: Taccu, Praucchi, S'Arroia, Orgoeddu (a cura di B. Sulas)

Il Sinis di Riola: annotazioni; "su 'acchibi de Zuanni Mòntisi"


martedì 2 maggio 2023

Riola: Cartografia dell’ ‘800 - le vie storiche e Santa Corona (1ª parte)

L’Archivio di Stato di Oristano, nell’ambito dei programmi di valorizzazione della documentazione conservata nei propri fondi, ha avviato da alcuni anni il progetto “Cartografia storica”, finalizzato a pubblicare in formato digitale l’intero patrimonio cartografico posseduto. Tale patrimonio è costituito da migliaia di mappe che coprono un arco cronologico compreso tra la prima metà dell’Ottocento e la seconda metà del Novecento.

Tra i documenti già digitalizzati e consultabili online figurano le mappe del Catasto provvisorio (cc. – ex U.T.E.), redatte a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e disponibili per quasi tutti i comuni della provincia di Oristano, comprese dunque quelle relative al Comune di Riola che qui interessano.

Si tratta di cartografie di straordinaria accuratezza, capaci di riportaci indietro nel tempo di quasi centocinquant'anni, e di restituire l'immagine del paese e del suo territorio così come si presentavano all’epoca (le mappe risalgono 1883-1884). Esse forniscono inoltre numerose informazioni  di carattere storico, relative al tessuto urbano, alla toponomastica, alle caratteristiche del salto comunale, alla viabilità rurale esistente e ai  nomi delle diverse località.


 Mappa dell'abitato di Riola

La Mappa del paese

Nella carta individuata come “Frazione A” è ricompreso l’intero abitato, che si estendeva su una superficie complessiva di circa 20 ettari.

Si deve immaginare che il paese di Riola, come la maggior parte dei centri del Campidano nella seconda metà dell'Ottocento - e ancora fino quasi alla metà del Novecento -, fatta eccezione per le poche abitazioni appartenenti a notabili o a famiglie benestanti,  era costituito prevalentemente da case modeste. Queste erano realizzate in mattoni di terra cruda (làdrini) e prive di  servizi. Le vie del paese erano sterrate, spesso fangose nel periodo invernale e polverose l’estate;  mancavano le fognature e l'illuminazione pubblica.

Osservando la mappa ci si rende conto come l’abitato fosse pressoché coincidente con l'attuale centro storico; di conseguenza,  risulta agevole individuare le vie e le piazze riportate sulla carta.

Le prime abitazioni a nord dell’agglomerato urbano, provenendo da Cuglieri, si trovavano poco prima dell’attuale Casa Comunale, sul lato sinistro della strada (di fronte all'Officina Sechi).

E’ interessante notare che, ancora fino a qualche decina di anni fa,  sul muro laterale di una casa in “làdrini” situata nello stesso punto - oggi ristrutturata e appartenuta alla famiglia Demontis -  era visibile una grande lastra segnaletica molto deteriorata.  Essa, quasi certamente collocata nella prima metà del secolo scorso, indicava l’inizio del paese  con il nome  di “Riola Sardo”. 

Le abitazioni che costituivano il confine sud del paese,  in direzione  Oristano,  erano invece quelle  situate all’intersezione tra l’attuale via  Umberto I e via D’annunzio,  in corrispondenza della storica casa Zoncu, oggi  in rovina. Di quest'ultima rimangono soltanto  alcune porzioni murarie  in via di disfacimento puntellate con assi di legno. Anche su questo edificio, fino a circa dieci anni fa, era visibile la grande lastra lapidea che indicava l’inizio del paese per chi proveniva da Oristano.

Il limite orientale dell’abitato, in direzione di Baratili, era posto lungo l’attuale via Roma, poco prima dell’edificio delle scuole elementari, costruito circa cinquant’anni dopo durante il periodo fascista.


Le vie storiche del paese (1)

Piazza di Chiesa, Piazza della Fiera e vie circostanti

Piazza di Chiesa:  comprendeva non soltanto il sagrato antistante la chiesa, ma l’intera piazzetta situata di fronte all’attuale Bar Corda. Storicamente, questo spazio ha sempre rappresentato il cuore della vita comunitaria, punto nodale dei festeggiamenti in occasione delle principali ricorrenze religiose e civili, come la Festa di Sant’Anna.

Piazza della Fiera:  si tratta dello slargo della via principale a lato della chiesa (fronte attuale macelleria Murru, Bar Ivana, ecc.). La denominazione ci fa comprendere come questo spazio fosse importante per le attività economiche, commerciali e di scambio del paese;  quasi una naturale estensione della Piazza di Chiesa, utilizzata  come area  riservata al  mercato all’aperto, per manifestazioni e  piccole fiere.

Via del Ponte:  tratto della via principale che si estendeva dalla Piazza di Chiesa fino al ponte sul Rio Mar’e Foghe (oggi corrisponde all'attuale via Umberto I).

Via Oristano: segmento della via principale che, partendo da Piazza della Fiera si estendeva in direzione sud, verso Oristano (anche questo tratto coincide con l'odierna via Umberto I).

Piazza dei Balli:  piazza situata nella parte iniziale dell’attuale via Regina Elena (fronte ex negozio alimentari di Attilio e Beniamino Sanna). E’ interessante notare come la piazzetta, già nella sua denominazione, indicasse la sua destinazione agli intrattenimenti musicali e ai balli  (immaginiamo balli sardi accompagnati dalla fisarmonica e/o dalle launeddas). Oggi questo luogo è solo raramente utilizzato per serate musicali e di ballo,  che trovano collocazione soprattutto nell’attuale piazza La Marmora o in altre sedi.


Vico S.Anna oggi  (tratto iniziale via Regina Elena)

Vico Sant’Anna: viottolo che collegava la Piazza della Fiera alla Piazza dei Balli, corrispondente alla parte iniziale dell’attuale via Regina Elena. In quest'area erano presenti, fino a qualche decennio fa, la  cantina e il panificio dei F.lli Zoncu.

Via Pal’e Coni e Is Argiolas:  asse viario che, da Piazza dei Balli, proseguiva in direzione sud-est, coincidente con l'attuale estensione di Via Regina Elena, ancora oggi conosciuta come s’arruga de Paagõi. La denominazione evidenzia la funzione di questa strada, che consentiva di raggiunge sia  la palude di Paul’e Coni sia l’area denominata is arzòasa, ossia le aie dove si effettuavano i lavori di  trebbiatura del grano. Tale zona, oggi inglobata nel tessuto urbano, è situata approssimativamente tra la via Armando Corda e  via Sacerdote Caria.

Vico Parrocchia e Via San Martino:  tratto viario che da Piazza della Fiera conduceva alla chiesa di Santa Corona, corrispondente in larga parte all'attuale via Sant’Anna. E’ opportuno ricordare che la chiesa di Santa Corona, nel periodo in cui fu parrocchiale di Riola (fino ai primi anni dell'Ottocento), era intitolata a San Martino, così come la nuova chiesa parrocchiale edificata successivamente. La Via San Martino, partendo  da Piazza della Fiera, si estendeva anche in direzione sud-ovest (oggi sempre via S.Anna), assumendo poi il nome di Via Paul’e Fenu .

Vico San Martino: corrisponde a un tratto dell’attuale via Garibaldi,  dove è situato l’ex Mulino Mocci, oggi adibito a ristorante.

Via Baratili:  denominazione storica dell'attuale via Roma.

Via Monte Granatico:  Oggi via De Pretis. Il nome ottocentesco di questa strada era legato alla presenza dell’edificio del Monte Granatico, costruito alla fine del XVIII secolo e tuttora esistente, sebbene ridotto purtroppo allo stato di rudere.

Via Santa Corona e vie circostanti

Via Santa Corona:  corrisponde all’attuale via Trieste, limitatamente al suo tratto storico. E' interessante osservare come oggi non esista più una via specificamente intitolata a Santa Corona, a testimonianza delle trasformazioni intervenute nella toponomastica urbana nel corso del tempo.

Vico Scuole: attuale via Regina Giovanna. La denominazione rivela la presenza, lungo questa strada, della scuola del paese. All’epoca erano obbligatorie soltanto le prime classi della scuola elementare; prima della costruzione dell’edificio scolastico degli anni Trenta del secolo scorso, le lezioni si svolgevano  in piccole stanze di modeste costruzioni private.

Via Santa Barbara: oggi via Fratelli Cairoli. (2)

Vico Santa Barbara:  viottolo che collegava Via del Monte Granatico con la Via Figu Pizzia, corrispondente a un tratto dell’attuale via Garibaldi,  dall’intersezione con via De Pretis fino allo slargo di  via Garibaldi.

Vico Su Zurpu:   attuale via Principe Amedeo.  La denominazione è particolarmente curiosa;  con ogni probabilità  richiama la presenza, in passato,  di una persona non vedente (zurpu) che abitava questo viottolo.

Via Figu Pizzia:  corrisponde all'attuale slargo di Via Garibaldi, dove oggi è collocata la statua di padre Pio. Questo spazio è noto anche  con il nome di “s’arruga manna”, a indicarne l'ampiezza e l'importanza all'interno della rete viaria storica del paese .


Parte centro-orientale dell'abitato

Via Sant’Antonio:  corrisponde all'attuale via Vittorio Emanuele II.

Vico Zanzare: identificabile con il tratto finale dell’attuale via Generale La Marmora. La denominazione non lascia dubbi sulla presenza infestante delle zanzare nelle vie che erano più prossime al fiume e alle paludi a nord dell'abitato.

Via Olmi: denominazione storica dell'attuale via Mariano IV.

Vico Sarto Sulas: corrisponde all'odierna via Cavour, così denominata in passato per la presenza del sarto Sulas, su maist’e pànnusu”;

Via La Croce:  attuale via Regina Magherita. Questa strada conserva ancora un forte valore simbolico e religioso, poichè durante la Settimana Santa fa parte del percorso rituale in cui si svolge la commemorazione della Via Crucis.

Vico Casa Poddighe:  tratto dell'attuale via Petrarca, dove sorgeva la casa della famiglia Poddighe,  evidentemente all'epoca dotata di una certa rilevanza sociale.

Via Is Pastoris:  tratto viario compreso tra l’intersezione con  via La Croce e quella con  Via Is Argiolas beccias, corrispondente a una parte dell’attuale via Marconi. La denominazione e significativa della presenza, lungo questa strada,  di più famiglie dedite all’attività della pastorizia.

Via Is Argiolas beccias: attuale via Vittorio Emanuele III.  Il nome richiama chiaramente la presenza, in passato, delle aree agricole destinate alla trebbiatura del grano.

Cammino Sa Corti:  corrisponde al tratto iniziale dell'attuale via Garibaldi,  che prosegue poi in via Carlo Felice fino all’intersezione con via Trieste.  Ancora oggi questo rione è conosciuto col nome di “Sa cotighedda”(*).

(*) Si veda il post dedicato al toponimo a cura di B. Sulas pubblicato in questo blog; apri link: Toponimi di Riola e dintorni - Sa cotighedda 

Cammino Zirinzosu:  identificabile con l'attuale via Montessori. 

Cammino Sant’Antonio:  corrisponde all'odierna via Sant’Antonio.


La chiesa di Santa Corona


Chiesa di Santa Corona
 

L’area della chiesa di Santa Corona è riportata nella mappa distinta come foglio “Frazione N,O”  che comprende le località adiacenti al centro abitato, situate tra Riola e Baratili, in particolare le zone di Santa Barbara e Paul’e Coni.

Le parcelle relative all’antica chiesa medioevale, identificate con la lettera a, sono rappresentante con maggior dettaglio  a margine del foglio cartografico.

L’edificio religioso è raffigurato mediante una piccola croce sovrastante la struttura, mentre numerose croci disegnate ai suoi lati indicano chiaramente la presenza del cimitero nell’area di pertinenza della chiesa.  

Dall’osservazione attenta della mappa emerge tuttavia un piccolo mistero. Nella particella adiacente a quella della chiesa si nota infatti la presenza di un altro edificio, della cui esistenza non si hanno, allo stato attuale,  notizie documentarie certe. E' interessante rilevare come tale fabbricato risulti collocato quasi  quasi nella medesima posizione occupata oggi dall’ex scuola materna, edificata negli anni Sessanta del secolo scorso.  

Sorgono spontanee pertanto alcune domande:  si trattava di un edificio appartenente anch’esso alla Curia oppure di una costruzione di proprietà privata?  A quale periodo risaliva la sua costruzione e quale ne era la destinazione o funzione originaria? In quale momento, infine e per quali ragioni, venne  demolito?


post a cura di Gilberto Linzas


Note:

(1)  Nel libro dedicato a Riola, dal titolo “Riola Sardo Villa Giudicale” di Giuseppe Pau e Raimondo Zucca, è riportato un documento storico dell’Archivio del Comune: una deliberazione della Giunta Municipale adottata in data 16 Ottobre 1871 (Giunta presieduta dal Sindaco Daniele Orrù, alla presenza degli  Assessori signori Domenico Sias e Salvatore Poddighe ) con la quale venivano assegnate le denominazioni alle vie del paese, indicando per ciascuna di queste  i proprietari della prima e dell’ultima casa. Quasi tutte le  denominazioni elencate nella delibera le ritroviamo nella mappa storica pubblicata dall’Archivio di Stato, oggetto di questo post, predisposta circa dodici anni dopo (1883-1884). Le vie elencate nel documento sono le seguenti:

  1. Via Dritta: dalla casa di Bell’Anna Sardu a quella di Antioco Zoncu;
  2. Via Baratili: da Angelo Zichi a Pietro Zoncu;
  3. Via Sa Figupiccia: da Lorenzo Daga a Raimondo Coa;
  4. Via Santa Barbara: da Giuseppa Luigia Zichi a Maddalena Zichi;
  5. Via Santa Corona: da Salvatore Corda a Michele Bellu;
  6. Via Su Zurpu: da Salvatore Bellu a Francesco Corda liveddu;
  7. Via San Martino: da Giuseppe Antonio Zichi a Daniele Sechi;
  8. Via Cimitero: dal Monte granatico a Giovanni Paolo Sulas;
  9. Via Pauligoni: da Giovanni Orrù Billoi a Giacinto Orrù Lutzu;
  10. Via Carpentieri: da Salvatore Trogu a Francesco Carta;
  11. Via Sant’Antonio: da Giuseppe Antonio Mocci a Francesco Casula;
  12. Via Argiolas Beccias: da Domenico Bellu a Giovanni Ari;
  13. Via Sant’Anna: da Giuseppe Caddeo a Salvatore Bentu;
  14. Via La Croce: da Giovanni Caria a Giuseppe Lochi fu Antonio;
  15. Via Pastoris: da Antonio Efisio Manca a Domenico Sulas su Rei;
  16. Vico Santa Corona: da Bartolomeo Demontis a Salvatore Enna;
  17. Vico Su Monti: dal Magazzino Monutuario ad Antonio Serra;
  18. Vico Olmi: da Raimondo Zoncu a Giovanni Obinu;
  19. Vico Sulas: da Domenico Manis a Giovanni Murru;
  20. Vico Oristano: da Giovanni Pipia a Antioco Zoncu;
  21. Vico Zanzare: da Salvatre Bellu Babalotti a Sebastiano Rosas.

A commento della ventunesima via gli autori, Pau e Zucca, scrivevano simpaticamente: “La ventunesima via di Riola non è troppo invitante per il forestiero: Vico Zanzare. E questo vico Zanzare è compreso tra la casa di Salvatore Bellu Babalotti e quella di Sebastiano Rosas.  Era ancora una famiglia, Riola, e della vita umile e modesta dell’epoca torna a noi un ricordo venato di sorriso. La via dedicata alle zanzare aveva inizio con la casa di Babalotti, che significa «insetto dei muri». Non era certo invitante il soggiorno tra la musica delle zanzare e il ceffo grottesco del Signor Babalotti”.


(2)  La via Santa Barbara viene ricordata nel libro “Zenti Arrioresa” di Claudio A. Zoncu (pubblicato nel 2001) in quanto nel 1876  fu teatro di un grave delitto che coinvolse il bandito  Buzzarrone, originario di Santulussurgiu, e che ebbe come vittima il capitano dei barracelli di Riola. 

L’episodio  è raccontato e documentato nel libro di Nello Zoncu con tanto di atti giudiziari.  In particolare, nell’ordinanza del Tribunale di Oristano con la quale viene disposta la trasmissione degli atti alla Procura Generale del Re in Cagliari, per l’ulteriore corso di giustizia, si ha il resoconto di quanto accaduto e delle accuse formulate contro “Daga Francesco, di Domenico Antonio e Margherita Lochi, d’anni, 28, contadino di Riola, e Barracu Buzzarrone Antonio, di Sebastiano e Giovanna Botta, d’anni 38, contadino di Santu Lussurgiu ambi colpiti da mandato di cattura e latitanti”. I due furono  “imputati di omicidio volontario con sparo d’arma da fuoco e colpi contundenti nella persona di Giuseppe Orrù di Riola, commesso in quel villaggio la notte dal 2 al 3 aprile 1876”. Nell’ordinanza si legge anche che: “Intorno all’inspecie, si hanno in processo sufficienti indizi per ritenere li predetti Francesco Daga ed Antonio Barracu Buzzarrone i veri autori di questo misfatto. Difatti consta dell’intima relazione fra loro; essi erano indispettiti fortemente contro il Giuseppe Orrù, a motivo che, essendosi vari mesi prima, rubato un cavallo a danno dell’Orrù, questi ne sospettava autori il Daga ed il Barraccu Buzzarrone, e perciò risentito minacciava che il suo cavallo «verrebbe pagato». Avvenne dopo ciò che il Francesco Daga fu ammonito come persona diffamata in materia di furti ed associato a malviventi, e suppose che ciò gli si fosse fatto per opera dell’Orrù. Su questi fatti versa la causa del misfatto.  Risulta inoltre, che la notte del reato essi Daga e Barracu Buzzarrone trovavansi uniti entro il popolato di Riola, e come l’Orrù ad ora assai tarda transitava nella contrada appellata Santa Barbara, essi Daga e Barracu intercettavano loro il passo, si avventarono a loro, vennero alle mani, il Daga sparò una pistola all’Orrù, questi cade ed indi fu finito a colpi di bastone dal Barracu Buzzarrone ch’era armato di quell’arnese. Indi mal soffrendo che il nipote dell’Orrù per nome Efisio Lochi, si fosse fuggito, entrambi andarono a raggiungerlo in casa sua facendo di tutto per entrarvi onde ucciderlo, e così assicurare la loro impunità.” La latitanza dei due accusati dell’omicidio terminò il 3 marzo 1877 quando, a seguito di un conflitto a fuoco con i Carabinieri, il Buzzarrone fu colpito a morte mentre Francesco Daga si arrese e fu catturato.

 

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Post collegati (per visualizzare cliccla sui link):

Riola: Cartografia dell' '800 - i confini territoriali, le paludi (2ª parte)

Riola nell’ ‘800 – Dizionario Angius Casalis


lunedì 3 aprile 2023

La chiesa di Santa Corona e il misterioso paese di Nu(v)ole




Alcuni giorni fa, svolgendo ricerche in rete sulla chiesa medioevale riolese di Santa Corona, mi sono imbattuto in un libricino scritto nella seconda metà dell'Ottocento dal teologo e canonico della Cattedrale di Oristano, Salvatore Angelo Scintu.  

L’opuscolo -  come viene chiamato dall’autore – è stato  pubblicato dalla Tipografia Arborense nel 1873 con il titolo “Memorie D’Arborea”. Si tratta di una raccolta di notizie storiche sulla fondazione di Oristano e sulla chiesa Arborense  “tratte in gran parte da documenti inediti” come dichiarato nel sottotitolo di copertina (*).    

La parte dedicata alla chiesa di Santa Corona è concentrata in poche righe, ma le notizie e le considerazioni riportate mi hanno incuriosito.  

In particolare, a pagina 37, il Canonico, commentando un antico documento riportato integralmente (che affermava di possedere in copia autentica), scrive quanto segue:

Santa Corona di Nuole – Questa pare sia stata parrocchiale del paese Nuole, e la chiesa ed il paese non sono più. Esiste bensì il campo aratorio denominato ancora Saltu de Santa Corona: vi si notano ancora i vestigi della chiesa e di case, e la statua della Santa fu trasferita alla vicina Parrocchia di Riola dove si celebra l’annua festa. Da questo fatto parmi almeno molto verosimile che anche il popolo siasi unito a Riola. Il salto poi di Santa Corona era del Priorato di Bonarcado ed ora è colpito dalle stesse leggi che colpirono gli altri beni ecclesiastici.

Occorre innanzitutto precisare che il documento trascritto dal teologo oristanese, oggetto delle sue “notazioni e schiarimenti”, non era inedito in senso stretto, poiché era già stato reso noto dallo storico Pasquale Tola nel Codex Diplomaticus, il più vasto repertorio di fonti medioevali della Sardegna pubblicato negli anni 1861-1868.

Si tratta infatti  dell’atto con il quale l’Arcivescovo di Arborea Bernardo confermava al Monastero di Bonarcado le donazioni e le disposizioni stabilite dal suo fondatore Costantino II (doc. n. XXVII).  Un documento importante, poiché per la prima volta è citata la chiesa di Santa Corona, indicata come “ecclesiam Sanctae Coronae de Nu(v)ole”, concessa  in donazione con tutto il suo patrimonio il 20 ottobre 1211.

Stranamente nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, scoperto successivamente alla pubblicazione del Codex Diplomaticus, nella scheda che documenta le donazioni originarie del Giudice Costantino d’Arborea  si fa riferimento ai possedimenti della domus denominata di Sancta Corona de Rrivora (scheda n.1),  e non  Sanctae Coronae de Nu(v)ole.

Fatte queste precisazioni, ciò che colpisce maggiormente nelle annotazioni del canonico Scintu è l’ipotesi dell'esistenza di un fantomatico paese di Nuole, del quale la chiesa di Santa Corona  sarebbe stata la parrocchiale e la cui popolazione,  “verosimilmente”, si sarebbe  in seguito unita a quella di Riola.

Non risulta che in alcun altra opera o studio successivo tale ipotesi sia stata ripresa o che sia stata proposta una spiegazione plausibile della differente denominazione.

Viene dunque spontaneo domandarsi se Nu(v)ole e Rrivora fossero in realtà la stessa località,  oppure se - come sostenuto dal canonico -  siano effettivamente esistiti due piccoli villaggi o agglomerati di case che, in un secondo momento, si unirono.

Credo comunque che difficilmente  si potrà giungere a una risposta definitiva e che il “mistero” – se di mistero si tratta – sia destinato a rimanere tale.


di Gilberto Linzas


Nota

(*) Nell’introduzione del suo libro, il Canonico Salvatore Angelo Scintu precisa quanto segue: 

“le poche memorie, che di questa storica terra d’Arborea ti offrirà il presente Opuscolo, con lunga e noiosa fatica le spigolai, in parte dalle Pergamene  e Fogli cartacei d’Arborea, di recente scoperti ed illustrati da due Sarde Celebrità, altre da Libri divenuti rarissimi….”.

Le suddette “Pergamene e Fogli cartacei d’arborea, di recente scoperti..”, su cui si basa buona parte del libro  (ma non la parte e i documenti a cui si riferisce questo post),  altro non sono che i famosi “falsi d’Arborea” che ingannarono non solo il direttore della Biblioteca Universitaria di Cagliari Pietro Martini, che li ricevette nel 1845 dalle mani del frate Cosimo Manca, ma numerosi altri studiosi, tra i quali anche il La Marmora.  I “falsi” di Arborea, peraltro, continuarono ad avere numerosi sostenitori anche dopo la scoperta della loro non autenticità avvenuta nel 1870.