- ore 18.00 Celebrazione Santa Messa in onore di Santa Corona Martire - area pertinente chiesa di Santa Corona;
- ore 20.00 Degustazione piatti della tradizione riolese - via Montessori.
Il primo blog dedicato a Riola (Arriora): storia, personaggi, avvenimenti e altro ancora...tra passato, presente e futuro.
“Dònnia 'idda est ũ teatru, ũ mundigheddu a patti chi assimbìllada a su mundu...Candu chistiònasa de sa ‘idda tua, sesi chistionendi de su mundu” (Ogni paese è un palcoscenico, un microcosmo, una metafora del mondo…Racconta il tuo villaggio e racconterai il mondo.Tolstoj) - trad. B.Sulas
Sabato 18 maggio, per la prima
volta dopo lungo tempo, riprenderanno vita i festeggiamenti in onore di Santa Corona.
L’iniziativa è stata proposta dalla nuova Associazione Culturale
Sancta Corona de Rivora a seguito della “riscoperta” dell’antica statua della
Santa risalente al XVI°-XVII° secolo, della quale si era un po’ persa la
memoria.
L’Associazione, in particolare, nel
corso degli ultimi mesi, grazie anche alla collaborazione di Don Enrico
Perlato, ha svolto un lavoro di ricerca che
ha riguardato l’esame di vecchi documenti della chiesa e la raccolta di testimonianze dirette. Da tali ricerche è emerso che i festeggiamenti
in onore della Santa si sono svolti con regolarità almeno fino alla fine degli
anni ’30 del secolo scorso per poi decadere gradualmente nel corso degli anni ‘40.
Il culto di Santa Corona a Riola, unico in Sardegna, è peraltro attestato fin dal XII° secolo, quando fu edificata la Chiesa di Sancta Corona de Rivora che è stata al centro
della vita religiosa e civile della comunità riolese per lunghi secoli.
Il programma dei festeggiamenti, per questo primo anno, è limitato alle celebrazioni religiose, con processione e messa che si svolgerà nell’area di pertinenza dell’antica Chiesa di Santa Corona.
La processione partirà dalla Chiesa di San Martino alle ore
17.30 e sarà accompagnata dai canti sacri dedicati alla Santa (is còzusu). Al termine della messa seguirà un rinfresco pubblico nel salone parrocchiale.
L’Associazione auspica di poter
dare continuità ai festeggiamenti anche
nei prossimi anni, coinvolgendo tutta la comunità e ridando lustro ad una tradizione storica e religiosa senz'altro importante per il paese.
g.l.
Il territorio di Riola
Il territorio del comune di Riola è rappresentato nella sua interezza nel Foglio di Unione in scala 1:25.000, che riunisce le sezioni identificate con le ventiquattro lettere dell’alfabeto. Le suddette mappe, risalenti al 1883-84, recano tutte la firma del Geometra Antonio Costa, curatore ed estensore delle stesse.
Dalla veduta d’insieme, il territorio di Riola assume una forma che richiama quella di una chiocciola, con un "collo" allungato verso ovest in direzione di Su Cuccuru Mannu, dove si affaccia per un breve tratto sul Mar di
Sardegna, da Punta S’Incodina a Roia Su Cantaru. Entro i confini Comunali è compresa una porzione dello Stagno di Cabras.
I principali riferimenti per l’individuazione e la
rilevazione delle linee di confine sono costituiti da nuraghi o altri
elementi facilmente riconoscibili, naturali o artificiali, quali strade, rilievi collinari, terreni
privati o vigne, corsi d’acqua e paludi.
In particolare, i punti che all'epoca fissavano i confini amministrativi del Comune di Riola rilevati e riportati in modo analitico nelle mappe, sono i seguenti:
- ad ovest, a delimitare il corridoio che si protende in direzione di Su Cuccuru Mannu:Lungo le linee di confine la mappa riporta inoltre numerosi triangolini rossi, che presumibilmente indicano la presenza di massi o grandi pietre, noti come pèdrasa de làcana, collocati all’epoca per segnare con precisione i diversi punti di delimitazione territoriale.
Le paludi (1)
Una delle caratteristiche più evidenti del territorio riolese è la presenza di numerose paludi, che un tempo ricoprivano non soltanto le aree prossime al corso del fiume e allo Stagno di Cabras, ma si estendevano anche su vaste porzioni del territorio comunale, distanti diversi chilometri dal centro abitato. Quasi tutte erano classificate come “demaniali”.
Queste paludi costituirono storicamente una naturale difesa contro le incursioni dei pirati barbareschi che infestarono il Mediterraneo dal XVI° secolo fino all'inizio del XIX° (le invasioni arabe in Sardegna, come nel resto del Mediterraneo, si erano peraltro già verificate alla fine del primo millennio). Al tempo stesso, esse rappresentarono un grave problema sanitario, in particolare per la diffusione della malaria.
Molte di queste aree paludose sono tuttora presenti; altre, invece, sono
state bonificate a partire dalla metà del Novecento e trasformate in terreni coltivabili.
Paludi di maggiori
dimensioni:
Paul’e Mistara e Su Spainteddu: paludi localizzate sulla sponda sinistra del fiume, dunque in immediata prossimità del centro abitato, si estendevano in direzione Baratili congiungendosi alla palude Santa Barbara. Esse occupavano sostanzialmente l'intera area che oggi comprende il campo
sportivo, il parco sul lungo fiume, gli orti urbani e la parte bassa cimitero.
Pauli Su Pranu Arredei (o Arridei): (2) identificata nelle fonti più recenti come località Parradei, fu oggetto di bonifica; gran parte dei terreni così recuperati è in affitto/concessione alla Cooperativa Quattro Mori fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso.
Paludi tra Riola, Baratili e Nurachi
Paul’e Coni: bonificata;
Pauli Sa Spertura: bonificata; si estendeva parzialmente nel territorio del Comune Baratili;
Paul’e Idda: bonificata; ricadeva in parte nel territorio del Comune di Nurachi;
Pauli Santa Barbara: bonificata, situata quasi interamente nel territorio di Baratili;
Pauli Mare Foghe: palude che ha dato il nome al tratto terminale del fiume di Riola; ricadeva nei territori di Baratili, San Vero Milis e Zeddiani. Il fiume di Riola è identificato come Rio Mannu, o canale di Rio Mar'e Foghe; in passato, dai riolesi, era comunemente chiamato "S'Indorau".
Paludi a margine del lato sinistro del fiume, tra Riola e Cabras
Paul’e Fenu: bonificata; occupava un'area adiacente
al fiume, estesa quasi fino allo sbocco nello stagno. La località è tuttora denominata
Palavenu;
Paludi sul lato destro del fiume, dal ponte verso lo sbocco sullo stagno di Cabras e in prossimità dello Stagno Pischeretta (che costituisce parte dello stagno di Cabras)
Nelle mappe non viene indicata la palude Pauli Rasu o Arrasu (Parrasu), che occupava il tratto iniziale della sponda destra del fiume dal ponte in direzione ovest.
Paludi a margine o in prossimità
della sponda ovest, nord-ovest dello stagno di Cabras
Altre paludi nel Sinis di Riola
Pauli S’Untruxiu o S'Antruxiu (bonificata; S'Antruzu in riolese);
Pauli Sa Segadroxia (bonificata; Segadroza in riolese);
Pauli Benatzu Su Moru (parzialmente bonificata);
Pauli Bidda Majori: ancora esistente in prossimità di Sal'e Porcus; ricadente parzialmente in territorio di San Vero Milis;
Pauli de Civas; Pauli Orgoleddu: bonificata;
Pauli Funtana Nuova: bonificata;
Pauli de Su Gureu o de S’Ureu: bonificata;
Pauli Leporinus: bonificata;
Pauli Sa Cozzighina: bonificata;
Pauli Pearba: bonificata; ricade solo parzialmente in territorio Riola e per la quota maggiore in territorio di San Vero Milis.
Alcune paludi e stagni oggi (foto)
post a cura di Gilberto Linzas
Note
(1) Dal libro “Zenti Arrioresa” di Claudio A. Zoncu pubblicato nel 2001, abbiamo notizie sulle attività agricole che interessavano alcune zone palustri più vicine al paese fino alla prima metà del secolo scorso:
“Nel periodo primaverile, durante il prosciugamento delle
paludi che attorniavano il paese (“Pala Fenu”, “Pala Rasu”, “Pala Coni”, “Sa
Roia”, “Santrabara” e “Sa Paui Manna”, i riolesi seminavano legumi e ortaggi,
ottenendo copiosi raccolti. Era famoso tra i paesi del circondario un tipo di
fagiolo molto coltivato dai riolesi: “su pisu ‘e cara”, conosciuto ne paesi
vicini anche con il nome di “su pisu biancu de Arriora”, preferito alle altre
qualità per via “de sa bona cottura”.
(2) Notizie storiche e annotazioni riguardanti le paludi di Pranu Arrideli e Sa Cozzighina, tratte dal libro “Fatti e misfatti di Riola” di Giovanni Piras, pubblicato nel 2010:
“Chi si attarda oggi ad osservare quell’immensa palude di un
tempo chiamata Pranu Arrideli, resta ammirato, direi sconcertato, dall’immenso
cambiamento che in tal posto è stato fatto in seguito ai lavori di bonifica
effettuati sullo stagno paludoso di Benettudi dai fratelli Carta, proprietari;
col convogliamento verso Is Benas delle acque ivi stagnanti, che prima
riversavano su Pranu Arrideli ed in seguito sulla palude de Sa Cuzzighina, fino a raggiungere il Rio Mannu e
il contiguo stagno di Cabras. Sapere che nel 1836 tanto Su Parradei che Sa
Cuzzighina furono oggetto di contesa col marchese D’Arcais, che voleva
impossessarsene quale feudatario, contesa che si risolse a beneficio del Comune
perché il sindaco di allora vi si oppose, ritenendo che trattandosi di paludi
non coltivabili e solo adibibili a pascolo per alcuni mesi all’anno non potevano essere
oggetto di chiudenda, quindi erano e dovevano restare proprietà del Comune."
[...]
"La trasformazione fondiaria, le coltivazioni operate, il
progresso che, se da un lato hanno dato la possibilità di rendere produttiva
una si vasta area di terreno, ne ha modificato l’habitat, e laddove migliaia di uccelli selvatici
prosperavano tranquilli e facevano i loro nidi, rendendo l’ambiente una specie
di zoo avicolo a cielo aperto, ora vi pascolano centinaia di pecore, di capre,
di maiali, vacche e vitelli e vi si producono patate, legumi e granaglie di
ogni sorta, sicché non è possibile pensare neppure lontanamente com'era al
tempo dell’infanzia dello scrivente, quando appena ragazzino di dieci, undici
anni, nel periodo dell’aratura e della seminagione, andava quasi tutte le notti
a portare il cavallo al pascolo e poiché era lontano dal paese, dormiva là, sul
margine di qualche fossato, sopra una bisaccia stesa per terra..."
[...]
"Ora, laddove le folaghe, le anitre, le quaglie, le galline
selvatiche, le pavoncelle (su ziriziri) e nei cui bordi abbondavano le allodole,
le cinciallegre e tanti altri tipi di selvaggina, compresi lepri e conigli, si
vedono le pecore, le capre, le vacche, i tacchini e le galline, i maiali, tutti
animali d’allevamento, coltivazioni di granaglie di ogni sorta, che danno la
sensazione del progresso, ma che lasciano nel cuore di chi ha visto prima quei
luoghi quel senso di rammarico e di amarezza come di chi prova la scomparsa di
un bene perduto per sempre e che mai più potrà ritornare."
Post collegati (per visualizzare clicca sui link):
Riola: Cartografia dell' '800 - le vie storiche e Santa Corona (1ª parte)
Toponimi del territorio di Riola: Taccu, Praucchi, S'Arroia, Orgoeddu (a cura di B. Sulas)
Il Sinis di Riola: annotazioni; "su 'acchibi de Zuanni Mòntisi"
Tra i documenti già digitalizzati e consultabili online figurano le mappe del Catasto provvisorio (cc. – ex U.T.E.), redatte a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e disponibili per quasi tutti i comuni della provincia di Oristano, comprese dunque quelle relative al Comune di Riola che qui interessano.
Si tratta di cartografie di straordinaria accuratezza, capaci di riportaci indietro nel tempo di quasi centocinquant'anni, e di restituire l'immagine del paese e del suo territorio così come si presentavano all’epoca (le mappe risalgono 1883-1884). Esse forniscono inoltre numerose informazioni di carattere storico, relative al tessuto urbano, alla
toponomastica, alle caratteristiche del salto comunale, alla viabilità
rurale esistente e ai nomi delle diverse località.
La Mappa del paese
Nella carta individuata come “Frazione A” è ricompreso l’intero
abitato, che si estendeva su una superficie complessiva di circa 20 ettari.
Si deve immaginare che il paese di Riola, come la maggior parte dei centri del Campidano nella seconda metà dell'Ottocento - e ancora fino quasi alla
metà del Novecento -, fatta eccezione per le poche abitazioni appartenenti a notabili o a famiglie benestanti, era costituito prevalentemente da case modeste. Queste erano realizzate in mattoni di terra
cruda (làdrini) e prive di servizi. Le vie del
paese erano sterrate, spesso fangose nel periodo invernale e polverose l’estate; mancavano le fognature e l'illuminazione pubblica.
Osservando la mappa ci si rende conto come l’abitato fosse pressoché coincidente con l'attuale centro storico; di conseguenza, risulta agevole individuare le vie e le piazze riportate
sulla carta.
Le prime abitazioni a nord dell’agglomerato urbano, provenendo da
Cuglieri, si trovavano poco prima dell’attuale Casa Comunale, sul lato
sinistro della strada (di fronte all'Officina Sechi).
E’ interessante notare che, ancora fino a qualche decina di anni fa, sul muro laterale di una casa in “làdrini”
situata nello stesso punto - oggi ristrutturata e appartenuta alla
famiglia Demontis - era visibile una grande lastra segnaletica molto deteriorata. Essa, quasi certamente collocata nella prima metà del secolo scorso, indicava
l’inizio del paese con il nome di “Riola Sardo”.
Le abitazioni che costituivano il confine sud del paese, in direzione Oristano, erano invece quelle situate all’intersezione tra l’attuale
via Umberto I e via D’annunzio, in corrispondenza della storica casa Zoncu, oggi in rovina. Di quest'ultima rimangono soltanto alcune porzioni murarie in via di disfacimento puntellate
con assi di legno. Anche su questo edificio, fino a circa dieci anni fa, era visibile la grande lastra lapidea che indicava
l’inizio del paese per chi proveniva da Oristano.
Il limite orientale dell’abitato, in direzione di Baratili, era
posto lungo l’attuale via Roma, poco prima dell’edificio delle scuole elementari, costruito circa cinquant’anni dopo durante il periodo fascista.
Le vie storiche del
paese (1)
Piazza di Chiesa: comprendeva non soltanto il sagrato antistante la chiesa, ma l’intera piazzetta situata di fronte all’attuale Bar Corda. Storicamente, questo spazio ha sempre rappresentato il cuore della vita comunitaria, punto nodale dei festeggiamenti in occasione delle principali ricorrenze religiose e civili, come la Festa di Sant’Anna.
Piazza della Fiera: si tratta dello slargo della via principale a lato della chiesa (fronte attuale macelleria Murru, Bar Ivana, ecc.). La denominazione ci fa comprendere come questo spazio fosse importante per le attività economiche, commerciali e di scambio del paese; quasi una naturale estensione della Piazza di Chiesa, utilizzata come area riservata al mercato all’aperto, per manifestazioni e piccole fiere.
Via del Ponte: tratto della via principale che si estendeva dalla Piazza di Chiesa fino al ponte sul Rio Mar’e Foghe (oggi corrisponde all'attuale via Umberto I).
Via Oristano: segmento della via principale che, partendo da Piazza
della Fiera si estendeva in direzione sud, verso Oristano (anche questo tratto coincide con l'odierna via
Umberto I).
Piazza dei Balli: piazza situata nella parte iniziale dell’attuale via Regina Elena (fronte ex negozio alimentari di Attilio e Beniamino Sanna). E’ interessante notare come la piazzetta, già nella sua denominazione, indicasse la sua destinazione agli intrattenimenti musicali e ai balli (immaginiamo balli sardi accompagnati dalla fisarmonica e/o dalle launeddas). Oggi questo luogo è solo raramente utilizzato per serate musicali e di ballo, che trovano collocazione soprattutto nell’attuale piazza La Marmora o in altre sedi.
Vico Sant’Anna: viottolo che collegava la Piazza della Fiera alla Piazza dei Balli, corrispondente alla parte iniziale dell’attuale via Regina Elena. In quest'area erano presenti, fino a qualche decennio fa, la cantina e il panificio dei F.lli Zoncu.
Via Pal’e Coni e Is Argiolas: asse viario che, da Piazza dei Balli, proseguiva in direzione sud-est, coincidente con l'attuale estensione di Via Regina Elena, ancora oggi conosciuta come s’arruga de Paagõi. La denominazione evidenzia la funzione di questa strada, che consentiva di raggiunge sia la palude di Paul’e Coni sia l’area denominata is arzòasa, ossia le aie dove si effettuavano i lavori di trebbiatura del grano. Tale zona, oggi inglobata nel tessuto urbano, è situata approssimativamente tra la via Armando Corda e via Sacerdote Caria.
Vico Parrocchia e Via San Martino: tratto viario che da Piazza della Fiera conduceva alla chiesa di Santa Corona, corrispondente in larga parte all'attuale via Sant’Anna. E’ opportuno ricordare che la chiesa di Santa Corona, nel periodo in cui fu parrocchiale di Riola (fino ai primi anni dell'Ottocento), era intitolata a San Martino, così come la nuova chiesa parrocchiale edificata successivamente. La Via San Martino, partendo da Piazza della Fiera, si estendeva anche in direzione sud-ovest (oggi sempre via S.Anna), assumendo poi il nome di Via Paul’e Fenu .
Vico San Martino: corrisponde a un tratto dell’attuale via Garibaldi, dove è situato l’ex Mulino Mocci, oggi adibito a ristorante.
Via Baratili: denominazione storica dell'attuale via Roma.
Via Monte Granatico: Oggi via De Pretis. Il nome ottocentesco di questa strada era legato alla presenza dell’edificio del Monte Granatico, costruito alla fine del XVIII secolo e tuttora esistente, sebbene ridotto purtroppo allo stato di rudere.
Via Santa Corona: corrisponde all’attuale via Trieste, limitatamente al suo tratto storico. E' interessante osservare come oggi non esista più una via specificamente intitolata a Santa Corona, a testimonianza delle trasformazioni intervenute nella toponomastica urbana nel corso del tempo.
Vico Scuole: attuale via Regina Giovanna. La denominazione rivela la presenza, lungo questa strada, della scuola del paese. All’epoca erano obbligatorie soltanto le prime classi della scuola elementare; prima della costruzione dell’edificio scolastico degli anni Trenta del secolo scorso, le lezioni si svolgevano in piccole stanze di modeste costruzioni private.
Via Santa Barbara: oggi via Fratelli Cairoli. (2)
Vico Santa Barbara: viottolo che collegava Via del Monte Granatico con la Via Figu Pizzia, corrispondente a un tratto dell’attuale via Garibaldi, dall’intersezione con via De Pretis fino allo slargo di via Garibaldi.
Vico Su Zurpu: attuale via Principe Amedeo. La denominazione è particolarmente curiosa; con ogni probabilità richiama la presenza, in passato, di una persona non vedente (zurpu) che abitava questo viottolo.
Via Figu Pizzia: corrisponde all'attuale slargo di Via Garibaldi, dove oggi è collocata la statua di padre Pio. Questo spazio è noto anche con il nome di “s’arruga manna”, a indicarne l'ampiezza e l'importanza all'interno della rete viaria storica del paese .
Via Sant’Antonio: corrisponde all'attuale via Vittorio Emanuele II.
Vico Zanzare: identificabile con il tratto finale dell’attuale via Generale La Marmora. La denominazione non lascia dubbi sulla presenza infestante delle zanzare nelle vie che erano più prossime al fiume e alle paludi a nord dell'abitato.
Via Olmi: denominazione storica dell'attuale via Mariano IV.
Vico Sarto Sulas: corrisponde all'odierna via Cavour, così denominata in passato per la presenza del sarto Sulas, “su maist’e pànnusu”;
Via La Croce: attuale via Regina Magherita. Questa strada conserva ancora un forte valore simbolico e religioso, poichè durante la Settimana Santa fa parte del percorso rituale in cui si svolge la commemorazione della Via Crucis.
Vico Casa Poddighe: tratto dell'attuale via Petrarca, dove sorgeva la casa della famiglia Poddighe, evidentemente all'epoca dotata di una certa rilevanza sociale.
Via Is Pastoris: tratto viario compreso tra l’intersezione con via La Croce e quella con Via Is Argiolas beccias, corrispondente a una parte dell’attuale via Marconi. La denominazione e significativa della presenza, lungo questa strada, di più famiglie dedite all’attività della pastorizia.
Via Is Argiolas beccias: attuale via Vittorio Emanuele III. Il nome richiama chiaramente la presenza, in passato, delle aree agricole destinate alla trebbiatura del grano.
Cammino Sa Corti: corrisponde al tratto iniziale dell'attuale via Garibaldi, che prosegue poi in via Carlo Felice fino all’intersezione con via Trieste. Ancora oggi questo rione è conosciuto col nome di “Sa cotighedda”(*).
(*) Si veda il post dedicato al toponimo a cura di B. Sulas pubblicato in questo blog; apri link: Toponimi di Riola e dintorni - Sa cotighedda
Cammino Zirinzosu: identificabile con l'attuale via Montessori.
Cammino Sant’Antonio:
corrisponde all'odierna via Sant’Antonio.
L’area della chiesa di Santa Corona è riportata nella mappa distinta come foglio “Frazione N,O” che comprende le località adiacenti al centro abitato, situate tra Riola e Baratili, in particolare le zone di Santa Barbara e Paul’e Coni.
Le parcelle relative all’antica chiesa medioevale, identificate
con la lettera a, sono rappresentante con maggior dettaglio a margine del foglio cartografico.
L’edificio religioso è raffigurato mediante una piccola croce sovrastante la struttura,
mentre numerose croci disegnate ai suoi lati indicano chiaramente la presenza del
cimitero nell’area di pertinenza della chiesa.
Dall’osservazione attenta della mappa emerge tuttavia un piccolo mistero. Nella particella adiacente a quella della chiesa si nota infatti la presenza di un
altro edificio, della cui
esistenza non si hanno, allo stato attuale, notizie documentarie certe. E' interessante rilevare come tale fabbricato risulti collocato quasi quasi nella
medesima posizione occupata oggi dall’ex scuola materna, edificata negli anni Sessanta del secolo scorso.
Sorgono
spontanee pertanto alcune domande: si
trattava di un edificio appartenente anch’esso alla Curia oppure di una costruzione di proprietà privata? A quale periodo risaliva la
sua costruzione e quale ne era la destinazione o funzione originaria? In quale momento, infine e per quali ragioni, venne demolito?
post a cura di Gilberto Linzas
Note:
(1) Nel libro dedicato a Riola, dal titolo “Riola Sardo Villa Giudicale” di Giuseppe Pau e Raimondo Zucca, è riportato un documento storico dell’Archivio del Comune: una deliberazione della Giunta Municipale adottata in data 16 Ottobre 1871 (Giunta presieduta dal Sindaco Daniele Orrù, alla presenza degli Assessori signori Domenico Sias e Salvatore Poddighe ) con la quale venivano assegnate le denominazioni alle vie del paese, indicando per ciascuna di queste i proprietari della prima e dell’ultima casa. Quasi tutte le denominazioni elencate nella delibera le ritroviamo nella mappa storica pubblicata dall’Archivio di Stato, oggetto di questo post, predisposta circa dodici anni dopo (1883-1884). Le vie elencate nel documento sono le seguenti:
A commento della ventunesima via gli autori, Pau e Zucca, scrivevano simpaticamente: “La ventunesima via di Riola non è troppo invitante per il forestiero: Vico Zanzare. E questo vico Zanzare è compreso tra la casa di Salvatore Bellu Babalotti e quella di Sebastiano Rosas. Era ancora una famiglia, Riola, e della vita umile e modesta dell’epoca torna a noi un ricordo venato di sorriso. La via dedicata alle zanzare aveva inizio con la casa di Babalotti, che significa «insetto dei muri». Non era certo invitante il soggiorno tra la musica delle zanzare e il ceffo grottesco del Signor Babalotti”.
(2) La via Santa Barbara viene ricordata nel libro “Zenti Arrioresa” di Claudio A. Zoncu (pubblicato nel 2001) in quanto nel 1876 fu teatro di un grave delitto che coinvolse il bandito Buzzarrone, originario di Santulussurgiu, e che ebbe come vittima il capitano dei barracelli di Riola.
L’episodio è raccontato e documentato nel libro di Nello Zoncu con tanto di atti giudiziari. In particolare, nell’ordinanza del Tribunale di Oristano con la quale viene disposta la trasmissione degli atti alla Procura Generale del Re in Cagliari, per l’ulteriore corso di giustizia, si ha il resoconto di quanto accaduto e delle accuse formulate contro “Daga Francesco, di Domenico Antonio e Margherita Lochi, d’anni, 28, contadino di Riola, e Barracu Buzzarrone Antonio, di Sebastiano e Giovanna Botta, d’anni 38, contadino di Santu Lussurgiu ambi colpiti da mandato di cattura e latitanti”. I due furono “imputati di omicidio volontario con sparo d’arma da fuoco e colpi contundenti nella persona di Giuseppe Orrù di Riola, commesso in quel villaggio la notte dal 2 al 3 aprile 1876”. Nell’ordinanza si legge anche che: “Intorno all’inspecie, si hanno in processo sufficienti indizi per ritenere li predetti Francesco Daga ed Antonio Barracu Buzzarrone i veri autori di questo misfatto. Difatti consta dell’intima relazione fra loro; essi erano indispettiti fortemente contro il Giuseppe Orrù, a motivo che, essendosi vari mesi prima, rubato un cavallo a danno dell’Orrù, questi ne sospettava autori il Daga ed il Barraccu Buzzarrone, e perciò risentito minacciava che il suo cavallo «verrebbe pagato». Avvenne dopo ciò che il Francesco Daga fu ammonito come persona diffamata in materia di furti ed associato a malviventi, e suppose che ciò gli si fosse fatto per opera dell’Orrù. Su questi fatti versa la causa del misfatto. Risulta inoltre, che la notte del reato essi Daga e Barracu Buzzarrone trovavansi uniti entro il popolato di Riola, e come l’Orrù ad ora assai tarda transitava nella contrada appellata Santa Barbara, essi Daga e Barracu intercettavano loro il passo, si avventarono a loro, vennero alle mani, il Daga sparò una pistola all’Orrù, questi cade ed indi fu finito a colpi di bastone dal Barracu Buzzarrone ch’era armato di quell’arnese. Indi mal soffrendo che il nipote dell’Orrù per nome Efisio Lochi, si fosse fuggito, entrambi andarono a raggiungerlo in casa sua facendo di tutto per entrarvi onde ucciderlo, e così assicurare la loro impunità.” La latitanza dei due accusati dell’omicidio terminò il 3 marzo 1877 quando, a seguito di un conflitto a fuoco con i Carabinieri, il Buzzarrone fu colpito a morte mentre Francesco Daga si arrese e fu catturato.
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Post collegati (per visualizzare cliccla sui link):
Riola: Cartografia dell' '800 - i confini territoriali, le paludi (2ª parte)
Riola nell’ ‘800 – Dizionario Angius Casalis
L’opuscolo - come viene chiamato dall’autore – è stato pubblicato dalla Tipografia Arborense nel 1873 con il titolo “Memorie D’Arborea”. Si tratta di una raccolta di notizie storiche sulla fondazione di Oristano e sulla chiesa Arborense “tratte in gran parte da documenti inediti” come dichiarato nel sottotitolo di copertina (*).
La parte dedicata alla chiesa di Santa Corona è concentrata in poche righe, ma le notizie e le considerazioni riportate mi hanno incuriosito.
In particolare, a pagina 37, il Canonico, commentando un antico documento riportato integralmente (che affermava di possedere in copia autentica), scrive quanto segue:
“Santa Corona di Nuole
– Questa pare sia stata parrocchiale del paese Nuole, e la chiesa ed il paese
non sono più. Esiste bensì il campo aratorio denominato ancora Saltu de Santa
Corona: vi si notano ancora i vestigi della chiesa e di case, e la statua della
Santa fu trasferita alla vicina Parrocchia di Riola dove si celebra l’annua
festa. Da questo fatto parmi almeno molto verosimile che anche il popolo siasi
unito a Riola. Il salto poi di Santa Corona era del Priorato di Bonarcado ed
ora è colpito dalle stesse leggi che colpirono gli altri beni ecclesiastici.”
Si tratta infatti dell’atto con il quale l’Arcivescovo di
Arborea Bernardo confermava al Monastero di Bonarcado le donazioni e le
disposizioni stabilite dal suo fondatore Costantino II (doc. n. XXVII). Un documento importante, poiché per la prima
volta è citata la chiesa di Santa Corona, indicata come “ecclesiam Sanctae Coronae
de Nu(v)ole”, concessa in donazione con
tutto il suo patrimonio il 20 ottobre 1211.
Stranamente nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado,
scoperto successivamente alla pubblicazione del Codex Diplomaticus, nella
scheda che documenta le donazioni originarie del Giudice Costantino d’Arborea si fa riferimento ai possedimenti della domus denominata di Sancta Corona de Rrivora (scheda n.1), e non Sanctae Coronae de Nu(v)ole.
Fatte queste precisazioni, ciò che colpisce maggiormente nelle
annotazioni del canonico Scintu è l’ipotesi
dell'esistenza di un fantomatico paese di Nuole, del quale la chiesa di Santa Corona sarebbe stata la parrocchiale e la cui popolazione, “verosimilmente”, si sarebbe in seguito unita a quella di Riola.
Non risulta che in alcun altra opera o studio successivo
tale ipotesi sia stata ripresa o che sia stata proposta una spiegazione plausibile della
differente denominazione.
Viene dunque spontaneo domandarsi se Nu(v)ole e Rrivora fossero in realtà la stessa località, oppure se - come sostenuto dal canonico - siano effettivamente esistiti due piccoli villaggi o agglomerati di case che, in un secondo momento, si unirono.
Credo comunque che difficilmente si potrà giungere a una risposta definitiva e che il “mistero”
– se di mistero si tratta – sia destinato a rimanere tale.
di Gilberto Linzas
Nota
(*) Nell’introduzione del suo libro, il Canonico Salvatore Angelo Scintu precisa quanto segue:
“le poche memorie, che di questa storica terra d’Arborea ti offrirà il presente Opuscolo, con lunga e noiosa fatica le spigolai, in parte dalle Pergamene e Fogli cartacei d’Arborea, di recente scoperti ed illustrati da due Sarde Celebrità, altre da Libri divenuti rarissimi….”.
Le suddette “Pergamene e Fogli cartacei d’arborea, di
recente scoperti..”, su cui si basa buona parte del libro (ma non la parte e i documenti a cui si
riferisce questo post), altro non sono
che i famosi “falsi d’Arborea” che ingannarono non solo il direttore della
Biblioteca Universitaria di Cagliari Pietro Martini, che li ricevette nel 1845
dalle mani del frate Cosimo Manca, ma numerosi altri studiosi, tra i quali
anche il La Marmora. I “falsi” di
Arborea, peraltro, continuarono ad avere numerosi sostenitori anche dopo la
scoperta della loro non autenticità avvenuta nel 1870.